Roma, 12 lug – Lamberto Amadei sforna nel buen retiro il suo primo romanzo (Era notte da un pezzo, Eclettica Edizioni) dotato di una prosa fresca, leggera, capace di offrire in forma godibile e godereccia gli intricati pensieri al limite dell’ineffabilità di tre giovani studenti diciottenni. Alex, Enrico e Andrea condividono un’amicizia fraterna, trascorrono il periodo dell’adolescenza tra idealità alte e atroci tormenti, si abbuffano politicamente di sogni e letture, ma si scontrano quotidianamente con le ingiustizie del reale e del concreto, si percepiscono come alterità sulla terra che umilmente calpestano, ma dopotutto occupano gli stessi spazi dei loro coetanei e del loro tempo. Si avverte nei cuori dilaniati dei tre amici la volontà di aggrapparsi ad un qualcuno più che ad un qualcosa in grado di incanalare e incidere davvero sulle loro azioni. In assenza di un timone ben saldo, Alex e “compagni” si gettano a capofitto nei libri e nella strada in cerca di luce, di vita, di risposte, di desideri, trovandosi alla fine imbrigliati nella matassa di un progetto la cui follia non sta solo nelle idealità pure che la alimentano ma anche nella lucidità e nello studio dei dettagli, con cui lo stesso viene steso e reso via via perfettibile.
Era notte da un pezzo, un libro che ogni ragazzo dovrebbe leggere
Tutta la vicenda gira attorno a questo piano, messo in piedi in mezzo a mille
difficoltà e altrettanti vuoti di birra, tra sonore e rivelatorie sberle, prese e
ridate indietro, nottate all’addiaccio, condite a volte di baci e a volte di guai,
sbronze epocali di fiumi di alcol e di letture proibite. Al termine di ogni capitolo
per rallentare il flusso di pensieri e azioni fanno capolino profonde pause di
riflessione su tematiche intramontabili. In quegli istanti autore e protagonista sembrano come fondersi e mettere a nudo le loro menti e i loro cuori, fatti a brandelli da sragionamenti su politica, moda, amicizia, amore, montagna, violenza… Non mancano spezzoni musicali, che con una logica tutta loro e tutta da decifrare irrompono nel racconto, cattivi esempi e cattivi maestri, espressioni gergali che a volte turbano, demoni amorosi che prima spingono all’empireo per poi “far stare da cani”, siparietti goliardici per non prendersi troppo sul serio. Un libro che ogni ragazzo dovrebbe avere per le mani, ma che potrebbe risultare “per pochi e non per tutti”. Curiosa anche la postfazione che aggiunge pepe all’intraducibilità di certi passi.
Francesco Alverà