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Fratelli della foresta: i combattenti baltici per la libertà che l’Occidente non volle aiutare

by La Redazione
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Roma, 14 apr – Nel recentissimo passato abbiamo avuto modo di assistere agli sviluppi delle cosiddette ‘Primavere Arabe’. In questi moti (poi sfociati in conflitti) si sono inseriti gli Stati Uniti e di conseguenza anche l’Unione europea, supportando perfino militarmente gran parte delle fazioni che hanno minato la stabilità politica dei loro avversari, da Gheddafi a Bashar Al-Assad. Viene da domandarsi se l’Occidente, in questi interventi militari, sia stato mosso da puro idealismo o piuttosto da semplice logica di profitto e imperialismo.

Resistenza anti-sovietica

Per rispondere a questa domanda si deve tornare indietro di pochi decenni, precisamente nel 1944. Nei territori baltici (Estonia, Lituania e Lettonia) sta avanzando l’armata sovietica, che incalza con efficacia le truppe tedesche in ritirata. Con l’occupazione sovietica iniziano anche le persecuzioni e le epurazioni dei popoli baltici, che tanto avevano contribuito alla campagna contro il comunismo promossa dalla Germania. Nei vari reparti tedeschi sul fronte orientale infatti, dalla Wehrmacht alle SS, si erano arruolate diverse migliaia di soldati baltici volontari, distintisi tra l’altro in molte operazioni sul campo come la battaglia del fiume Narva. Di fronte alla crudeltà dell’occupazione sovietica nei loro paesi, la gran parte dei soldati baltici decide di rimanere a combattere l’invasore, ottenendo da Adolf Hitler in persona il permesso di non proseguire nella ritirata verso la Germania. “I Fratelli della foresta” (in Estone: metsavennad, in Lettone meža brāļi, in Lituano miško broliai), così si fanno chiamare, in breve tempo creano una efficace organizzazione di resistenza anti-sovietica, che può contare sul supporto di una buona fetta della popolazione che non vede di buon occhio le angherie del nuovo regime.

Azioni di sabotaggio

Al primo nucleo di ex-militi tornati dalla Russia, si aggiungono altre centinaia di reclute baltiche che vengono addestrate dai veterani dell’esercito tedesco. Nel 1945 la Germania firma la resa incondizionata, ma per i combattenti baltici la guerra è ben lungi dal terminare. Il movimento è fitto e articolato, con una gerarchia che si rifà ai ranghi dell’esercito tedesco, ma non per questo bisogna credere che fu una resistenza del nazional-socialismo. Nei Fratelli della foresta infatti vengono accolti anche partigiani che si erano opposti ai tedeschi, semplici patrioti e democratici sinceri. Fu la resistenza dei popoli baltici, non di una singola ideologia. Questi partigiani combattono secondo le tradizionali tattiche della guerriglia. Passano le loro giornate in semplici accampamenti nelle foreste baltiche, spesso collegati a strutture sotterranee non indifferenti. Dal momento che l’esercito dell’Urss è troppo forte per essere cacciato, si dedicano principalmente ad azioni di sabotaggio: assaltano armerie e convogli, distruggono le linee di comunicazione e forniscono sostegno ai camerati evasi dai gulag, aiutandoli a fuggire nei territori occupati da inglesi ed americani.

Tutti sono consapevoli che la loro è una guerra disperata, ma la combattono comunque per essere liberi da un regime opprimente del terrore, forse sperando in un aiuto che non arriva mai. Le potenze vincitrici occidentali infatti, che così razionalmente avevano diviso il mondo con Stalin a Yalta, non fanno mistero della loro ostilità al blocco sovietico, ma non si degnano di dare un sostegno a quelle popolazioni europee che ancora lo stanno combattendo. Gli aiuti dagli Stati Uniti infatti sono ben pochi. I servizi segreti inglesi, in contatto con la resistenza baltica, sono infiltrati da agenti sovietici e più di una volta passano informazioni al regime di Mosca, permettendogli di sradicare importanti cellule partigiane. Verso il 1953-1954 i pochi combattenti rimasti si disperdono, ormai impossibilitati nella lotta, cercando di tornare ad una vita normale sotto il giogo sovietico. La caccia all’uomo dei vincitori non si ferma nonostante il ‘cessate il fuoco’. August Sabbe, ultimo sopravvissuto estone del movimento partigiano, viene raggiunto nel 1978, più di vent’anni dopo, dal Kgb mentre si dedica alla sua nuova attività di pescatore. Pur di non arrendersi si getta in un fiume ma viene colpito dagli agenti e muore. È la fine dei Fratelli della foresta, gruppo che combatté per l’indipendenza del proprio popolo, da soli contro il mondo intero, abbandonati da coloro che si auto-definirono i difensori della democrazia. Ecco perché quando si sente l’ennesimo presidente di una potenza occidentale parlare di progetti militari per la pace e la libertà di altri stati sovrani, chi conosce la storia di quei ragazzi delle foreste non può far altro che ridere amaramente.

Marco Scarsini

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1 commento

Commodo 18 Aprile 2019 - 5:31

Proprio così! Ridere amaramente! È l’ unico tipo di risata che possono strappare le classi dirigenti dell’ occidente bugiardo, ipocrita & guerrafondaio a proprio favore e contro gli interessi dei Popoli che millantando di tutelare! Allus salus populi suprema lex esto! Per essi suprema legge sia la salvezza del Popolo!… Macabri pagliacci!

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