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I meme sono l’arma più forte

by Cristina Gauri
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meme

I meme sono diventati la costola della cultura politica contemporanea. Talmente  pervasivi da aver coperto – e in alcuni casi superato – le forme usuali di propaganda partitica, rimangono uno strumento guardato con stizza da chi fa fatica ad adeguarsi a nuove forme di comunicazione, considerandole alla stregua del cuginetto scalmanato che fa casino ai pranzi di famiglia «ingessati». Eppure un buon meme pubblicato al momento giusto, sulla pagina social giusta, è in grado di surclassare il manifesto e il volantino, o di deviare il corso dell’intera campagna stampa per una tornata elettorale.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di agosto 2022

L’immissione di immagini – corredate di didascalie più o meno brillanti, più o meno normie – nel torrente delle dinamiche politiche si è fatta così fondamentale da aver costretto Richard Dawkins – che coniò il termine «meme» ne Il gene egoista nel 1976, quando cioè Internet si chiamava Arpanet e connetteva qualche decina di computer in tutto globo – a tornare sul punto nel 2013, soffermandosi proprio sulla virale diffusione dei meme nello spazio digitale e nel campo della politica. Stabilendo che il meme digitale è un elemento della realtà ciclicamente reinventato dalla creatività umana e che lascia una propria impronta sui mass media, Dawkins arrivò ad affermare che la diffusione e l’utilizzo massivo dei meme in politica seguono l’espansione contestuale del digitale e il modo in cui questo incide sulla forma stessa della politica.

La rivoluzione memetica

Ma cos’hanno in comune politica e meme? Il digitale, è stato detto più volte, ha plasmato i metodi della comunicazione pubblica: sempre meno piazza, sempre meno importanza rivestita dal partito, iper-personalizzazione che mette il leader o l’influencer al centro della narrazione, togliendo rilevanza al programma politico che viene sostituito da slogan ad effetto i quali, a loro volta, faranno leva sulla sfera emotiva del potenziale elettore.

Il meme, in questa chiave di lettura, diventa uno strumento perfetto. Innanzitutto perché polarizza l’attenzione e il modo in cui veicola il messaggio, combinando tra loro rappresentazione grafica e concetto espresso dalla scritta sovraimpressa che funzionalizza il messaggio stesso. Inoltre, essendo nemico della complessità verbosa e semplificando all’estremo l’idea da esprimere, il meme viene incontro al cosiddetto short attention span (la ridotta capacità di attenzione e concentrazione) che caratterizza la stragrande maggioranza degli elettori. L’epoca della politica fatta di comizi, discorsi logorroici, concetti e argomenti complessi ha lasciato spazio a una comunicazione superficiale, che vive di immagini, flash colorati e slogan sguaiati che nel meme ha trovato un’autentica gallina dalle uova d’oro.

Leggi anche: Posta un meme contro Kamala Harris, scatta la gogna buonista per il prof della Statale: «È sessista»

Il meme, inoltre, con la sua carica ironica ridefinisce la struttura stessa dell’umorismo, arrivando a oltrepassare lo schermo e incidendo sulla comunicazione nel reale: non è un messaggio grigio, burocratico, da volantino di partito, ma un’immagine brillante capace, grazie al digitale, di circolare in maniera accelerata fino a rendersi virale. La sua diffusione, peraltro, fa leva sul narcisismo degli utenti social: se condivido un meme politico che reputo particolarmente brillante, guadagno «punteggio social» presso i miei follower.

Spazio ai meme, ma attenti al cringe

In generale, l’appropriazione di una determinata immagine per farne un meme di successo deve essere seguita da una piena comprensione dei meccanismi della cultura digitale. Altrimenti, se viene utilizzato alla stregua di un manifestino politico classico, si rischia di finire in piena zona cringe. Come accaduto a Fratelli d’Italia, Pd e +Europa, che sono riusciti tutti, nel 2019, a uscirsene con la stessa immagine ripresa da Game of Thrones piegata alle singole esigenze di partito, distorcendone l’interpretazione rispetto alla serie e finendo così per negare la sostanza stessa di ciò che un meme dovrebbe essere. A dimostrazione dell’immaturità della comunicazione politica italiana negli ambienti digitali. I tre meme, è inutile dirlo, nacquero e morirono ognuno nel proprio contesto politico senza sbarcare altrove. Tre anni dopo, la situazione non appare migliorata.

Il meme perfetto esiste? E soprattutto, esiste un paradigma, un vademecum per crearne di decenti? Cominciamo con il dire che i meme di maggior successo sono quelli in cui la…

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1 commento

fabio crociato 7 Agosto 2022 - 8:33

Sarà pure l’ arma più forte ma il popolo non va più a votare. Colpa del meme?

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