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In ricordo di Piero Visani, un “pessimista nietzschano” lontano dai riflettori

by La Redazione
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piero visani

Roma, 18 apr – Con Piero Visani scompare una delle persone che più stimavo, uno Sternfreund incontrato pochissime volte e tantissimi anni fa ai tempi della rivista Elementi per una rinascita culturale, e della pubblicazione, grazie ai buoni uffici di Maurizio Cabona, del suo libretto Esercito, come? per i tipi della stessa piccola casa editrice di Sanremo animata da Marisa Ferrero, Il Labirinto.

Il Grece e la Nuova Destra

La nostra conoscenza fu in particolare occasionata dalla comune appartenenza ad un composito ambiente italiano che faceva più o meno ambiguamente riferimento all’esperienza francese ed europea del GRECE, Groupement de Recherche et Etudes pour la Civilisation Européenne, marcata dal pensiero di Venner e Locchi ed essenzialmente animata a livello intellettuale da Alain de Benoist e Guillaume Faye; e fu similmente interrotta dal fatto che entrambi ne scappammo a gambe levate quando il medesimo ambiente finì in gran parte per coagularsi in una “Nuova Destra” dalla caratterizzazione ideologica ben diversa, e più o meno finalizzata a prestare un contesto alle ambizioni intellettuali di un piccolo dirigente missino appena espulso dal partito e di alcuni suoi amici.

Riallacciare rapporti, solo virtuali ma abbastanza intensi, in anni più recenti ha così rappresentato per me soprattutto il piacere di scoprire che a distanza di decenni continuavamo entrambi a pensare le stesse cose; e che dove questi pensieri si erano approfonditi lo avevano fatto – malgrado l’assenza praticamente completa di contatti, anche indiretti – esattamente nella stessa peculiare direzione; il che mi ha confermato una volta di più come un idem sentire, una Weltanschauung davvero condivisa, a differenza di convergenze puramente contingenti o dettate da ragioni di interesse, porta automaticamente a generare risposte analoghe (e magari poco scontate) anche rispetto a scenari nuovi o questioni su cui non è mai avvenuto un confronto.

Il “pessimismo nietzschano” di Visani

Del resto, Piero Visani è stato un intellettuale (come me) “poco produttivo”, forse per quella perenne insoddisfazione e/o pigrizia che rende più difficile per alcuni confidare alla carta i propri pensieri e anche perché (come me) si occupava d’altro per vivere; ma un intellettuale, e un uomo, mai vittima di compromessi, mode e facilonerie. Sempre lucido, ironico, sul pezzo in prese di posizione il cui giustificato “pessimismo nietzschano” non si è mai trasformato in resa. E al tempo stesso dotato di una grande varietà di interessi, di connotazione di volta in volta più o meno “impegnata” o ludica o esistenziale o scientifica, la cui estensione resta testimoniata dal suo blog Sympathy for the Devil, popolato per anni con frequenti, talora brevi, riflessioni.

I relativi contenuti, che sono gran parte del lascito accessibile anche a chi non ha avuto la fortuna di essere in contatto con lui da vivo, sono accessibili in rete all’indirizzo https://derteufel50.blogspot.com/, e l’ultimo post di giovedì 26 marzo 2020 contiene incidentalmente proprio una riflessione, che suona quasi come un involontario epitaffio, sul rapporto della nostra società con la morte, messo una volta di più in luce dall’epidemia in corso, che Piero Visani ha in un certo senso beffato morendo per tutt’altre ragioni improvvisamente, non “giorno dopo giorno” come chi si è rassegnato a perdere ogni libertà e dignità all’inseguimento di un sogno securitario.

50 sfumature di grigio

Ma mi piace ricordare anche ricordare tale blog, e l’influenza “carsica” che ha svolto su un pubblico poi non così piccolo, per un altro episodio, occasionato da un pubblico scambio sui rispettivi profili Facebook, in cui si chiaccherava della natura incredibilmente e significativamente robotica e rudimentale di un romanzo come Fifty Shades of Gray, con le sue decine di milioni di copie vendute, e notavamo con altri come il romanzo rappresentasse una vera e propria “icona finale” del prodotto culturale occidentale che giunge alla fine a competere come diffusione con la radice più importante della relativa sfera mentale, ovvero la Bibbia.

Da qui, l’idea di una piccola sfida tra Piero Visani, me ed Ada Cattaneo, tre autori che non avevano mai pubblicato una singola linea di narrativa in vita loro, tanto meno di narrativa di genere, a scrivere in una settimana una novella erotica, che rispecchiasse i clichés del genere ma con ambizioni di minor banalità e squallore, da sottoporre al giudizio (e al voto) dei lettori del blog. Il prodotto di tale gioco, ordito nello stile di quello ben più famoso che in tema gotico aveva impegnato nel maggio 1816 sul lago di Ginevra Byron, i coniugi Shelley e Polidori, e in cui alla fine vinse Ada Cattaneo, è tuttora online in Sympathy for the Devil, e l’esperimento è forse servito come piccola illustrazione empirica dei diversi meccanismi che anche all’interno di un esercizio così preciso scattano in un europeo che voglia di punto in bianco improvvisarsi scrittore.

Storia militare, la passione di una vita

Alle sparse riflessioni in materia politica, ideologica, aneddotica, storica, esistenziale, filosofica del blog, e a interventi in varie pubblicazioni di non facile reperibilità, la parabola di Piero Visani è d’altronde riuscita ad affiancare il completamento di un progetto che rappresenta l’estrinsecazione della passione di un vita per la storia militare e le dottrine strategiche – e che l’aveva visto a suo tempo addirittura coinvolto come consulente da forze armate italiane (si fa per dire) che naturalmente non avevano nessuna possibilità o interesse di seguire i suoi consigli -, distillata in due agili volumetti sulla storia della guerra, rispettivamente Dall’antichità al novecento e Nel XX secolo, che sposano bene rigore scientifico, leggibilità e dissacrazione dei feticci contemporanei in argomento. Il (forse insperato) successo di vendite ottenuto, specie per testi di argomento così specifico, ha di sicuro costituito motivo di meritata soddisfazione negli ultimi mesi di vita dell’autore, che a tale lavoro teneva molto. Rispetto ad una generazione piena di pagliacci e malriusciti dapprima emersi in qualche lunatic fringe ma poi riusciti a riciclarsi con varia fortuna nell’ufficialità mediatica, accademica o politica ciò rappresenta un seppur piccolo riconoscimento ad un personaggio di spessore del tutto diverso.

Stefano Vaj

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