Cento anni fa il parlamento di Londra riconosceva lo Stato libero d’Irlanda, sia pur come dominion dell’Impero britannico e con l’esclusione delle contee del Nordest (Ulster). Nell’autunno del 1921 la nascita del primo governo autonomo a Dublino segnava l’inizio dell’autunno della superpotenza inglese.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di novembre 2021
Il Risorgimento gaelico
Nei lunghi e travagliati moti di indipendenza irlandesi vi è anche l’influsso della cultura risorgimentale italiana. A metà dell’Ottocento lo scrittore Thomas Osborne Davis fondava il settimanale The Nation, che divenne organo del movimento Young Ireland, ispirato alla Giovine Italia mazziniana. Mazzini stesso aveva concepito la Giovane Europa come una federazione di movimenti nazionali ispirati ai princìpi del repubblicanesimo e dell’autodeterminazione dei popoli: Giovane Germania, Giovane Polonia e così via. Tra questi movimenti rientrava anche il nascente indipendentismo irlandese. La bandiera tricolore che dal 1922 sventola sul Castello di Dublino era appunto il vessillo della Giovane Irlanda.
Dovrebbero meditare su questo nesso storico quei cattolici tradizionalisti che in Italia accusano il Risorgimento nazionale di aver «rubato» il potere temporale al papa, mentre in riferimento all’Irlanda riscoprono i sacri valori della nazionalità contro l’oppressore. Peraltro la cultura romantica alla base del nascente nazionalismo gaelico non era rigidamente «papista»: essa mirava a conciliare cattolici e protestanti nella comune riscoperta delle radici celtiche dell’isola. Da qui il simbolismo del tricolore irlandese: il verde dei cattolici e l’arancione dei protestanti congiunti dal bianco della pacifica convivenza. Significati che in seguito sarebbero andati smarriti nella veemente guerra tra irlandesi e occupanti. Peraltro, la dominazione era durata troppi secoli, e patrioti come Davis e O’Connell dovettero rinunciare al sogno romantico di far rivivere l’antica lingua gaelica e accettare realisticamente di parlare inglese…
I due rami celtici
Lo scontro tra Celti – antichi abitatori delle isole britanniche – e Germani – che da Guglielmo il Conquistatore in poi creano uno Stato centralizzato – si sviluppò nel corso dei secoli in due scenari molto diversi: quello scozzese e quello irlandese. Nel frattempo, il Galles si lasciò placidamente condurre dai governi di Londra.
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Le lotte per l’indipendenza o l’annessione saranno ugualmente sanguinose sia a Nord che a Ovest, ma con esiti differenti. Gli scozzesi vennero coinvolti nelle conquiste imperiali: dove arriva la lunga mano del governo e dell’industria inglesi, lì segue lo scozzese, in ruoli subordinati ma proficui. Chi della Scozia ha solo l’immagine dell’eroismo martire di William Wallace – magari veicolata dal film di Mel Gibson – trascura il fatto che la Scozia si sviluppò nel corso dell’Ottocento come seconda potenza industriale, usufruendo di tutti i vantaggi economici dell’imperialismo britannico. Non a caso l’indipendentismo scozzese ingranò alla fine del Novecento sull’onda della deindustrializzazione, la stessa che sposterà i voti dal Partito laburista al Partito nazionalista.
Verso l’indipendenza dell’Irlanda
L’Irlanda, invece, fu sempre e solo colonia, sotto il tallone di una ruvida dominazione, non del tutto estranea – o comunque indifferente – alla grande carestia che colpì l’isola tra il 1845 e il 1849. Quando nel 1799 i Borbone riuscirono a riconquistare Napoli sotto la protezione degli inglesi, l’ammiraglio Nelson – annunciando la massima severità contro gli insorti filo-francesi della Repubblica partenopea – promise di «trattare Napoli come un villaggio irlandese». Molti irlandesi trovarono la loro grande occasione di…