Roma, 24 dic – Se almeno da tre generazioni tutti conosciamo fin dalla tenera età la leggenda della “Spada nella roccia” lo dobbiamo al piacevole film d’animazione distribuito da Walt Disney nel Natale 1963. Come ben sappiamo il cartone animato riprende la vasta letteratura del ciclo bretone sulla cui veridicità – o meglio, sulla reale esistenza di re Artù – tanto si è discusso. Sempre secondo il mito, nelle vene del condottiero britannico avrebbe pulsato anche sangue romano. Proprio in Italia conserviamo ancora un’arma bianca fissata nella fredda pietra. Stiamo parlando della spada di San Galgano.
Spada nella roccia, le vicende di Galgano Guidotti
Nato verso la metà del XII secolo a Chiusdino (località sulle colline Metallifere oggi in provincia di Siena), almeno fino ai trent’anni Galgano Guidotti fu un dissoluto cavaliere. Convertitosi dopo un’apparizione di San Michele Arcangelo consacrò la propria solitudine sul finire del 1180, ritirandosi nei pressi di Montesiepi. Qui morirà eremita l’anno successivo, proprio negli stessi mesi della venuta al mondo – a poco più di centocinquanta chilometri di distanza – di Francesco d’Assisi. Come il santo toscano anche il patrono d’Italia scoprirà la fede per lasciarsi alle spalle una vita fatta di vizi e dissolutezze.
Le vicende di San Galgano – e il relativo interesse postumo – si concentrano in particolar modo sul destino della sua spada. Infatti dove attualmente sorge l’omonima cappella (conosciuta anche come “rotonda”, per via della particolare forma circolare) l’anacoreta avrebbe confitto nel terreno roccioso la propria arma. Gesto simbolico per sancire la conversione e il contestuale abbandono dei licenziosi precedenti mondani. La medievalità del luogo viene tuttora amplificata dalla vicina abbazia. Caratteristicamente gotica e cistercense, l’imponente edificio – senza le piombature del tetto, spoglio di arredi e mancante di infissi – domina il paesaggio con suggestiva nonché elegante decadenza.
Lungo la Via Francigena?
Per una spada (reale) foderata in eterno un’altra che, incredibilmente sguainata, donò al possessore tutti i pregi del giusto e valoroso regnante. I fatti del Guidotti sono senza ombra di dubbio antecedenti al ciclo arturiano: se la beatificazione di Galgano iniziò nel 1185, Chrétien de Troyes scrisse Perceval all’incirca un lustro più tardi. Parzival del tedesco Wolfram von Eschenbach è addirittura datato agli inizi del secolo successivo. Come se l’eco di questa elsa che spunta dal terreno italico avesse idealmente risalito la Via Francigena.
La spada di San Galgano avrebbe quindi ispirato i racconti della tavola rotonda? Possibilità tutt’altro che remota. E ancora, Artù è veramente esistito? Faccenda dibattuta, ma al momento senza prove storiche. D’altro canto sappiamo però che prima dell’archeologia visionaria di Giacomo Boni anche le teorie di infondatezza delle leggende romane sembravano inoppugnabili.
La virtù, prerogativa di pochi
Tra santità e affari bellici, tra realtà e prosa scritta, quello che più ci affascina di queste antiche tracce è una lezione da rispolverare. Come spiega Gabriele Adinolfi nel suo 1984 sei tu (Altaforte Edizioni) l’uomo per esprimere l’armonia del Cosmos utilizza parole, quindi simboli. Tramite le leggende tramanda la storia “perpetuando nelle generazioni successive uno spirito e un’etica” collegandola al Mito. Quest’ultimo insieme al Logos (ossia i legami con il Vero) continua ad ardere grazie alle fiabe.
Che non sono strumento di intrattenimento, ma di educazione. Non importa capirle, talvolta per assimilarle basta aderirvi emotivamente. Ritornando in casa Disney, proprio così per tanti anni certi spunti sono arrivati al grande pubblico dei più piccoli.
Un modus operandi che si è avvalso – almeno fino all’ultimo lavaggio woke della multinazionale – anche di favole apparentemente lontane. Nel “shakespeariano” Re Leone ad esempio, Simba prima di riprendersi tutto effettua (con ogni differenza del caso) una sorta di passaggio al bosco più spirituale che fisico. L’elenco sarebbe lunghissimo ma ha un unico punto in comune: ci insegna che la virtù è sempre prerogativa dei pochi. Sta a noi far parte di questa cerchia ristretta.
Marco Battistini
1 commento
Non me ne voglia l’Estensore dell’articolo, ma il pur gradevolissimo film della W. Disney tradotto in Italiano come “La Spada nella Roccia” e’ tratto quasi integralmente dalla prima parte del meraviglioso libro di Terence Hanbury White (29.V.1906 – 17.I.1964) titolato “The Once and Future King” (1958). Da notare che “The Sword in the Stone” era gia’ stato pubblicato come opera a se’ stante 20 anni prima, nel 1938.
Aggiungo che – quale ‘curioso’ di Storia Medievale – ho visitato tutti i luoghi di San Galgano (che ho trovato realmente coinvolgenti) ed ho effettivamente letto (ora non ricordo dove) di possibili collegamenti letterari tra le leggende del Santo Italiano e del Re Inglese.
E termino affermando che l’indubbia bellezza dell’Abbazia e’ pero’ abbondantemente superata da altre Abbazie da me visitate in Belgio (quando ero sulle tracce storiche dei Cavalieri del Tempio). Cito, per tutte, Notre-Dame d’Orval, con tutti i suoi collegamenti alla storia (ed alle leggende) del Medioevo Italiano ed Europeo.