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Ted Lasso, uno yankee a Londra

by La Redazione
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Roma, 8 apr – Da sempre il calcio ha avuto un rapporto di amore e odio con il piccolo e grande schermo, quando si tratta di rendere fiction quello che è lo sport più amato nel mondo. A differenza per esempio della boxe, che ci ha regalato al cinema veri capolavori, sono pochi i film sul calcio che possano dirsi memorabili, anzi le opere migliori sono risultate spesso quelle che si sono concentrate sui tifosi, piuttosto che sui ventidue protagonisti sul rettangolo di gioco. Ecco perché avevo snobbato la serie tv Ted Lasso, uscita nel 2020 per Apple TV+, nonostante l’unanime consenso da parte della critica e del pubblico e i numerosi premi ricevuti, tra i quali il Golden Globe all’attore protagonista. Aggiungiamoci poi che la produzione e l’idea sono americane ed ecco che i miei dubbi sul risultato si facevano sempre più forti. Poi, con l’inizio della terza e forse conclusiva stagione, la curiosità ha prevalso e ho deciso di rimediare a questa mia lacuna. E ho fatto benissimo.

Ted Lasso, tutto da gustare

L’idea alla base di Ted Lasso nasce nel 2013, quando, per promuovere la Premier League, la NBC produsse degli spot nei quali l’attore Jason Sudeikis interpretava tale Ted Lasso, nuovo allenatore del Tottenham. E dopo sette anni ecco che è pronta la serie. L’idea alla base è tanto assurda quanto semplice: l’immaginario club londinese dell’AFC Richmond (divenuto ora talmente celebre da essere inserito pure nel videogioco “FIFA 23”) ingaggia uno sconosciuto allenatore statunitense di college football americano, Ted Lasso appunto, per tentare di far rimanere in Premier League il club. Lasso e il suo vice non hanno alcuna conoscenza né tanto meno esperienza nel mondo del calcio, ma accettano l’incarico tra lo scetticismo e l’ilarità generale.

Al netto della folle premessa (stiamo pur sempre parlando di finzione), puntata dopo puntata si viene rapiti dal personaggio e dalla storia. Lasso è infatti un inguaribile ottimista in un mondo cinico e crudele come quello del campionato più ricco e famoso del mondo, ma lo è peraltro solo di facciata, in quanto nella vita privata sta andando a pezzi, con la moglie che ha chiesto il divorzio ed un figlio dall’altra parte del mondo. Se il protagonista è americano tutto il resto della storia profuma però di Europa e di british: il rito del pub, le scaramanzie, i rituali dei tifosi e una stupenda Londra dai mille colori diurni quanto dark, nonché cupa di notte. Aggiungetevi una colonna sonora da paura (in una puntata c’è persino Adriano Celentano) e il gioco è fatto.

Le stagioni

Senza voler spoilerare troppo posso dirvi che la prima stagione (dal finale sorprendente, trattandosi di una commedia), con episodi rapidi sui trenta minuti, ha un tono molto leggero per farvi affezionare ai personaggi: oltre a Lasso abbiamo il suo filosofico vice, un magazziniere dal grande fiuto tattico, la presidentessa rancorosa con l’ex marito, un bizzarro direttore tecnico ex punk, la vecchia gloria e la giovane star in perenne conflitto tra loro e la bella ex starlette che si sta costruendo una nuova carriera. Dalla seconda stagione gli episodi si allungano sui quarantacinque minuti e il tono spesso si fa anche più serioso e profondo, senza però far cessare di ridere e, soprattutto, commuovere. Particolare menzione per un episodio notturno in una Londra davvero affascinante, che ha preso chiara ispirazione da quel piccolo capolavoro che è Fuori orario di Martin Scorsese.
Se era già difficile realizzare un film sul calcio sembrava impresa impossibile arrivare addirittura alla serialità, mantenendo un approccio anche scanzonato su un tema come il calcio, che di fatto è ormai materia serissima, e che ci siano riusciti gli americani è francamente incredibile.

“Richmond fino alla morte”

L’idea poi di pensare la serie solo su tre stagioni la trovo perfetta, perché permette di concludere la storia prima che il brodo venga allungato solo per compiacere il pubblico a discapito della qualità del prodotto. Per concludere qualche notizia sui luoghi della storia, per chi volesse visitarli: Nelson Road, lo stadio dell’AFC Richmond, altro non è che Selhurst Park, casa del Crystal Palace (del quale riprende anche i colori societari), mentre il campo d’allenamento è la struttura che ospita le gare interne dell’Hayes and Yeading FC (settima divisione inglese), nel Middlesex, a quindici minuti di treno da Londra. Il local pub, location tra le più importanti della serie, chiamato The Crown & Anchor, il cui nome nella realtà è The Prince’s Head, è sito nel quartiere di Richmond e ben rappresenta quel senso di comunità racchiuso nel coro simbolo dei tifosi: “Richmond fino alla morte!”.
Quindi ora fatevi spillare un’ottima pinta e lasciatevi trasportare nel mondo di Ted Lasso: è come una meravigliosa sessione di birre al bancone. Ma senza l’hangover del giorno dopo.

Roberto Johnny Bresso

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