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Ci riprovano con il Mes. Il governo saprà resistere?

by Filippo Burla
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Mes

Vi affidereste a una banca che, all’atto di concedervi un mutuo, erogasse la somma solo a patto di poter decidere per filo e per segno anche il modo in cui dovete spenderla, intromettendosi ad esempio su quale pittura usare per gli interni, su che arredi acquistare, a che tipo di professionisti fare affidamento, salvo revocarvi – anche ad anni di distanza, qualora mezza clausola non venisse rispettata – l’affidamento? E vi fidereste di un istituto di credito al quale non vi siete mai rivolti ma che, nonostante ciò, venisse a rovistare nel vostro conto corrente, mettendo in giro la voce che siete in difficoltà finanziaria e a quel punto, quando tutti vi hanno ormai bollato come cattivo pagatore, solo lui stesso può offrirvi una presunta ancora di salvezza? Nel primo caso avete appena conosciuto il Recovery fund, o Next generation Eu che dir si voglia. Nel secondo state per conoscere le virtù della riforma del trattato del Meccanismo europeo di stabilità, ai più noto come Mes, che si appresta a diventare il nuovo dominus della politica economica dell’Unione europea.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di marzo 2023

Ci sono voluti parecchi anni e, nel caso dell’Italia, almeno tre governi che nel mentre si sono succeduti, ma alla fine anche il nostro parlamento potrebbe dare il proprio assenso alla ratifica. Ultimo in ordine di arrivo, a tempi – vien da dire – scaduti da un pezzo e in presenza di una serie di elementi talmente anacronistici che speravamo di poter gettare nel cestino. Così, mentre si discute di superare le palesi disfunzionalità del Patto di stabilità e crescita – arrivati a questo punto, sul «come» cade un imperativo grande come una casa – che è riuscito a non garantire… né stabilità, né tantomeno crescita, queste storture le ritroviamo messe nero su bianco come condizioni dalle quali non si potrà deviare per ottenere assistenza finanziaria cosiddetta «precauzionale». Se una nazione dovesse trovarsi con un deficit superiore al 3% del Pil o un debito superiore al 60% sempre del Prodotto interno lordo, potrebbe infatti solo adire la linea di credito cosiddetta «a condizioni rafforzate», che prevede la sottoscrizione di un protocollo d’intesa composto da centinaia – quando non migliaia – di clausole da rispettare una per una: citofonare ad Atene per i dettagli.

Ritorno di fiamma per il Mes

Arrivati a questo punto, il rischio di «fare la fine della Grecia» non è più uno spauracchio ma diventa una concreta possibilità. Anche perché non vale dire che la riforma del Mes non implica in automatico una richiesta di assistenza, cristallizzata nella formula «ratifichiamo ma non vi accederemo». Il diavolo, si sa, ama nascondersi nei dettagli. Tra i quali rientra il fatto di…

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