Roma, 30 gen – “Romanzo di una vita. E di una morte”. Così, Luca Taschini, ha scelto di sottotitolare il suo Ventitré. La colpa dei lupi romanzo pubblicato da Passaggio al Bosco Edizioni nelle ultime settimane. Uno spaccato di vita a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta, con tutto il carico emotivo che una storia comporta: fatti veri, che fungono da ispirazione per nuove narrazioni, laddove i ricordi riaffiorano e si uniscono al magico, al poetico e al vero.
Ventitré. La colpa dei lupi
Jò e Gillo sono due ventenni romani. Hanno già vissuto gli “anni di piombo”, sperimentando personalmente un’esistenza borderline, eventi di sangue, la perdita di amici e anche qualcosa di più. Jò e Gillo, però, condividono anche altro: la capacità di ridere sempre, oltre ad una passione genetica e viscerale per l’alpinismo. Sono due solitari che percorrono la stessa strada, parlano poco e guardano sempre un po’ oltre. Tutto questo, li spinge a progettare un’impresa che ha il sapore di una disputa teologica, ricercando il filo delle loro esistenze.
E un pianto atroce, di vittoria, nacque da quella morte…
Non c’era altro, non c’era oltre.
Non c’era nulla, al di là della propria coscienza in bilico tra buio e luce.
Nel silenzio assoluto del Kaos terrestre. Panorama del mondo: è bella, perché ha il cuore intrepido che non teme la morte. Strano, ma vero: solo la giovinezza sa morire!