Roma, 19 lug – L’annuncio è stato di quelli soliti, brillanti, “alla mano” e apparentemente rivoluzionari. Negli scorsi giorni il premier Renzi ha ribadito la sua intenzione di mettere mano al sistema della riscossione dei tributi con un chiaro e secco “bye bye Equitalia” entro la fine dell’anno, facendo seguito ai precedenti proclami per cui “Equitalia al 2018 (termine dell’attuale legislatura, ndr) non ci arriva”.
Renzi ci ha già abituati a diffidare delle sue promesse: alcune non mantenute, altre strumentali soltanto alla propaganda “anti-gufi”, parafrasando la sua terminologia corrente. Proprio per questo motivo, e non solo, non dovrebbero fare eccezione le parole a riguardo del principale ente di riscossione italiano. Del resto, né i succinti proclami del premier, né le proposte di legge attualmente presentate alle Camere (tra le quali spicca quella che porta la firma dell’onorevole Boccia del PD, oltre a quella del M5S) paiono realmente risolutive delle questioni aperte che il sistema-Equitalia si porta dietro. Secondo le intenzioni di Renzi, Equitalia dovrebbe essere abolita e la funzione di riscossione dei tributi dovrebbe essere affidata ad un apposito ufficio interno all’Agenzia delle Entrate di nuova istituzione, il cui operato dovrebbe informarsi a principi di maggiore collaborazione tra Erario e cittadino. Tale proposta non è di per sé biasimevole ma, semplicemente, è insufficiente per spiegare e (soprattutto) risolvere le troppe distorsioni che accompagnano l’attività di riscossione, e rischia anzi di lasciare spazio ad ulteriori problematiche. Ecco il motivo per cui la promessa di chiudere il capitolo Equitalia entro fine anno è destinata a rimanere (almeno parzialmente) soltanto tale: entro fine anno sarà possibile giungere alla promulgazione di una legge che ne preveda l’abolizione (rispettando formalmente l’agenda governativa), ma il successivo tempo necessario per l’adozione di tutti i decreti attuativi e per la transizione dal vecchio al nuovo sistema andrà sicuramente ben oltre.
Ma quali sarebbero esattamente i punti irrisolti della soppressione dell’ente Equitalia? Andiamo per ordine. Innanzitutto, va ricordato che Equitalia è un ente pubblico di diritto privato la cui funzione istituzionale è regolata per legge. Pertanto, perché veramente qualcosa possa cambiare per le casse delle imprese e delle famiglie italiane occorre in primo luogo riformare la legge stessa, anziché optare per soluzioni paravento. Del resto, la campagna d’odio nei confronti dell’ente della riscossione è tanto figlia dell’ignoranza popolare quanto dell’ipocrisia della classe dirigente, la quale scarica ogni responsabilità sul contegno dei funzionari (bersaglio di costanti minacce se non addirittura di attentati) per nascondere la base legale sulla quale gli stessi operano, votata a maggioranza dagli stessi rappresentanti popolari. Ebbene, il trasferimento delle funzioni di riscossione da Equitalia all’Agenzia delle Entrate è del tutto irrilevante rispetto ai poteri relativi alla riscossione delle imposte; cambierebbe l’attore, non la rappresentazione. Per intenderci: finché non cambiano le regole che ad oggi prevedono la possibilità di pignorare per le vie dirette i conti correnti (e, più in generale, i crediti verso terzi) del contribuente; quelle consentono la stratificazione di misure cautelari ed esecutive, destinate, nel complesso, a paralizzare la disponibilità economica del cittadino; nonché quelle che stabiliscono la sospensione dei rimborsi in presenza di violazioni tributarie senza tenere in minima considerazione la definitività dell’accertamento della sanzione, gli importi in gioco e i tempi notoriamente più lunghi con cui l’erario restituisce al contribuente rispetto a quelli con cui pretende – solo per citare alcuni dei poteri più odiosi – la situazione dei contribuenti è destinata a rimanere invariata. In sostanza, Equitalia non è un soggetto sadico che esercita la propria funzione in modo insensibile ed arbitrario, ma è un esecutore di norme di legge, i cui eccessi sono perlopiù legati a vizi personali del management (su tutti, quelli che dipendono dai premi legati al raggiungimento degli obiettivi), che difficilmente verranno abbandonati anche nel nuovo sistema.
Invece, rispetto all’attuale sistema-Equitalia gli unici aspetti positivi dell’accentramento della riscossione dovrebbero consistere nella riduzione degli oneri della riscossione (che attualmente comprendono, oltre alle spese relative alle procedure esecutive, anche il compenso per l’attività svolta dall’ente della riscossione, il cui “peso” sul contribuente è stato più volte questione controversa anche dinanzi alla Corte costituzionale) e nel maggiore ed immediato flusso di informazioni relative ai crediti erariali, che – come i professionisti del settore sanno bene – rappresenta il maggiore handicap e fonte di vessazione del cittadino-debitore (tale per cui nei confronti di quest’ultimo sono pretese, anche a notevole distanza di tempo, somme infondate in tutto o in parte, sol perché l’ente impositore non ha mai dato comunicazione all’ente della riscossione dell’annullamento amministrativo o giudiziale del credito erariale). Altre questioni irrisolte in seguito alla soppressione di Equitalia rimarrebbero i costi dell’ente e la sorte dei relativi dipendenti. Con riguardo ai costi, se è vero che qualcosa verrebbe risparmiato a livello di corporate governance, difficilmente invece si potranno ridimensionare i costi di struttura e, soprattutto, quelli del personale (Equitalia conta circa 8mila dipendenti), a meno di voler aprire una lunga ed estenuante battaglia sindacale, con ripercussioni medio tempore sulla funzione pubblica. Invero, gli effetti del trasferimento di funzioni da un ente all’altro si manifesteranno in capo ai funzionari dipendenti, il cui trattamento è attualmente regolato dalla legislazione e dai contratti del lavoro del settore privato, quindi dovranno essere reinquadrati nell’ambito pubblico impiego.
Da ultimo, l’abolizione di Equitalia aprirebbe un punto interrogativo nella situazione degli enti locali: alcuni di questi infatti, con l’integrazione in seno all’ente impositore centrale della funzione di riscossione, rimarrebbero privi del soggetto terzo affidatario della riscossione per i tributi di loro competenza. Per gli enti locali la via d’uscita consisterebbe nell’affidarsi a società private di recupero crediti ovvero alla costituzione di consorzi ad hoc, per garantire l’economicità della funzione senza soluzione di continuità nella gestione delle finanze pubbliche, seppur con la necessità di recuperare le adeguate competenze e i tempi necessari per l’attivazione del servizio. Alla luce di quanto sopra è di tutta evidenza che il promesso intervento del governo Renzi esige una visione d’insieme del sistema di riscossione ed una profonda determinazione per scardinare le fazioni più conservatrici nella burocrazia, e tutto ciò presuppone ben di più del semplice addio ad Equitalia, sebbene questo sia indubbiamente un messaggio di facile comprensione e di un certo fascino presso l’elettorato.
Stefano Beccardi