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Deutsche e Commerzbank: ecco tutte le difficoltà del “matrimonio del secolo”

by Claudio Freschi
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Roma, 23 mar – Da molto tempo si vociferava sui mercati finanziari della possibilità di una unione tra le due più grandi banche tedesche, Deutsche Bank e Commerzbank. Lo scorso 17 marzo ne abbiamo avuto la conferma direttamente dall’amministratore delegato della prima, Christian Sewing, che ha ammesso che trattative formali sono in corso con l’altra grande banca di Francoforte.

Ma il quesito che molti analisti finanziari si pongono è se l’unione di due banche in difficoltà possa dare vita ad un soggetto sano, e la risposta è tutt’altro che positiva.

Deutsche e Commerzbank: tutte le difficoltà

Innanzitutto vi è un problema occupazionale, la fusione comporterebbe una perdita di posti di lavoro stimata in 30mila unità, per lo più in Germania, dove ricordiamo che in molte aziende la rappresentanza dei lavoratori è significativa e assume spesso ruoli decisionali. Stephan Szukalski, leader di uno dei principali sindacati tedeschi e membro del consiglio di vigilanza di Deutsche Bank si è affrettato a definire l’eventuale fusione “un gravissimo errore”.

Ma la notizia della possibile fusione è stata accolta in modo molto tiepido anche dai principali azionisti come BlackRock, JP Morgan o il fondo sovrano del Qatar che si sono mostrati molto scettici sulla possibilità di orchestrare una unione così complessa in un momento in cui entrambi gli istituti stanno cercando di uscire da una profonda crisi.

Sicuramente la peculiarità del mercato bancario tedesco, fatto da una miriade di istituti orientati ai privati e alle piccole e medie imprese rendono difficile la vita ai colossi commerciali come Deutsche Bank e Commerzbank che trovano sempre più difficoltà ad essere profittevoli; ma la congiuntura sfavorevole non deve fare dimenticare gli errori di gestione che hanno contraddistinto gli ultimi anni.

Commerzbank era troppo legata all’industria navale, ha sofferto tantissimo durante la profonda recessione e in più ha dovuto ricorrere agli aiuti di stato dopo la pesante acquisizione della Dresdner Bank, con il suo pesante fardello di crediti deteriorati. Ancora oggi lo Stato tedesco detiene il 15% delle azioni di Commerzbank.

Allo stesso modo Deutsche Bank nel tentativo di competere con le grandi banche americane si è trovata invischiata in alcuni grossi scandali a partire dai primi anni 2000, tra cui la vendita di titoli “tossici”, il riciclaggio di denaro e la violazione di sanzioni internazionali che le sono costate miliardi in multe.

Sebbene entrambe le aziende abbiano chiuso in utile in 2018 dopo annate molto difficili, le loro quotazioni alla Borsa di Francoforte sono ai minimi rispetto agli ultimi 10 anni.

Fusioni: i pessimi precedenti

La storia delle fusioni tra banche in Germania poi non è esattamente incoraggiante. Come detto Commerzbak ha avuto bisogno di anni e più di qualche aiuto per assorbire Dresdner Bank, mentre Deutsche Bank non ha ancora completato il processo di integrazione con la Postbank una banca focalizzata sui privati acquisita nel 2010, e questo dovrebbe far suonare qualche campanello di allarme.

Entrambe le banche hanno una vastissima rete di filiali sul territorio che sicuramente andranno ridotte per evitare troppe sovrapposizioni ma non sarà facile: a causa delle leggi sul lavoro in Germania tagliare il personale è costosissimo e i sindacati hanno già dichiarato guerra alla fusione.

Vi sono poi le delicate questioni tecniche, ai prezzi correnti gli azionisti Deutsche Bank dovrebbero detenere i due terzi del nuovo gruppo che andrà a nascere con la fusione, ma anche se i dettagli dell’eventuale fusione sono lontani da essere fissati, si presume che si debba offrire un premio agli azionisti di Commerzbank pari almeno al 20% del valore attuale delle azioni, il che renderebbe l’affare poco attraente per gli investitori targati Deutsche Bank.

Una fusione renderebbe inoltre necessario un nuovo aumento di capitale, una prospettiva ben poco allettante per gli azionisti delle due banche che hanno già dovuto sborsare circa 30 miliardi di euro negli ultimi 11 anni per l’emissione di nuove azioni.

Le ragioni di una scelta poco razionale

L’operazione sembra fortemente voluta dal governo di Angela Merkel che teme moltissimo il dominio delle grandi banche americane, uscite molto rafforzate dalla crisi del 2009, e che vedrebbe con favore la nascita di un colosso bancario in grado di affrontare i grandi competitori internazionali e di garantire in maniera costante e permanente l’accesso al credito per le grandi aziende tedesche.

Si pensa che incoraggiando la fusione il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, voglia risollevare le fortune del Partito Socialdemocratico, i cui consensi sono scesi allo stesso ritmo delle azioni Deutsche Bank, presentandosi come il difensore del lavoro e il creatore di un nuovo importante colosso tedesco.

Il rischio è quello di creare un mostro che potrà rivelarsi molto costoso per i contribuenti tedeschi, in caso di una tutt’altro che improbabile crisi del nuovo soggetto, la Germania non potrà esimersi dal salvataggio della più grande banca della nazione, con tanti saluti alle normative europee contrarie agli aiuti di stato.

Claudio Freschi

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