Roma, 1 dic – Negli anni immediatamente successivi alla crisi di debito di Atene, cui è seguita (temporalmente) quella dello spread italiano, “faremo la fine della Grecia” era una delle espressioni più ricorrenti. Un’assurdità, a dire il vero, se non altro per il fatto di comparare quella che è (o meglio: era) la seconda potenza manifatturiera del continente e membro del G8 alla pur rispettabilissima – ma indubbiamente molto più piccola – economia della penisola ellenica. Se all’epoca si trattava di uno spauracchio, qualora le proposte di riforma del Mes dovessero passare allora l’iperbole tanto in voga rischia di diventare realtà.

Il Mes è la nuova Troika

Fra i vari punti del trattato spicca soprattutto l’articolo 12 (per onor di cronaca già presente nell’edizione anteriforma), il quale al primo comma recita: “Ove indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e dei suoi Stati membri, il MES può fornire a un proprio membro un sostegno alla stabilità, sulla base di condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto. Tali condizioni possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite”.

Nulla di nuovo, verrebbe da dire. Molto banalmente: il Mes interviene a sostegno delle finanze di una nazione in difficoltà (pur con tutte le storture procedurali di cui già si è detto) richiedendo però in cambio una serie di misure come quelle già sperimentate in Grecia. Parliamo dei vari “memorandum” che sono stati in grado di portare il Paese da una situazione critica ad una tragica.

La ristrutturazione del debito. Come in Grecia

Pur non automaticamente prevista dal Mes, un secondo – ma più importante – parallelo è quello con la ristrutturazione del debito, altra fattispecie che la riforma del Meccanismo intende rendere più agevole in caso di bisogno tramite il rafforzamento delle clausole di azione collettiva.

Citate sia nel preambolo che nel corpo (sempre all’articolo 12, terzo comma) della proposta di riforma, l’obiettivo della modifica è semplificare la procedure con cui giungere ad un accordo con i creditori in caso di necessità. E quale sarebbe questa necessità? L’unica che possiamo contemplare ragionevolmente è proprio la ristrutturazione dei Titoli di Stato. Il quale può sostanziarsi vuoi nel taglio del valore nominale dello stesso, vuoi nell’allungamento delle scadenze dello stesso, vuoi nell’imporre alle nuove emissioni di avvenire sotto una giurisdizione diversa da quella italiana.

Ora, tralasciando il devastante segnale che il solo prevedere tale possibilità offre ai mercati e sorvolando anche sui gravissimi rischi che comporterebbe per banche e risparmiatori, il parallelo è servito ancora su un piatto d’argento. Si tratta infatti di quanto già successo con la Grecia, che oltre al cosiddetto “haircut” sui sirtaki bond è stata costretta, dal 2012 in avanti, a non emettere più titoli sotto la propria legge nazionale. Dettaglio forse passato inosservato, ma cruciale: da allora, quella che per Atene era un’assoluta convenienza ad uscire dall’euro si è trasformata nella “convenienza” – virgolette d’obbligo – a rimanervi a forza, dovendo altrimenti onorare un debito pubblico che, in caso di Grexit, non verrebbe denominato nella nuova valuta, la cui (più che presumibile) svalutazione significherebbe un salasso alle casse elleniche per onorare i pagamenti periodici che avverrebbero in una moneta diversa. La Grecia, insomma, è blindata all’interno dell’eurozona, con la potenziale cura trasformata ex lege in qualcosa che è diventato peggiore del male: costretta a dover, per sempre, fare i conti con un’austerità che salvo qualche temporanea boccata di ossigeno continuerà a stritolarla. E’ la fine che vogliamo rischiare di far fare all’Italia?

Filippo Burla

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12 Commenti

  1. Il perché della Brexit è più chiaro adesso? Salvata subito la sterlina e pronti a salvare il resto!
    Noi, troppo spesso, in balia di tutto e tutti. Diamoci una calmata.

  2. Hanno capito che il Mes può ribaltare i loro “particolari”, interessati equilibri, e stanno già cercando
    di fare marcia indietro o comunque tamponare. Morale: si deve anche imparare ad abbaiare ed eventualmente mordere nei momenti giusti!

  3. e la fine anche per Italia. Fin che non firmano qualcosa i politici italiani, c era qualche speranza..ora no.

  4. Ma non sapete nemmeno quello che state scrivendo: la “assoluta convenienza ad uscire dall’euro” di cui parla questo articolo, in che cosa consisterebbe, di grazia? Nel fatto che si stampa una nuova moneta cartastraccia e con quella si pagano i debiti che erano stati contratti in euro?? Ma vi rendete conto delle assurdità che scrivete?? Se hai fatto debiti in euro, in euro li devi ripagare. E i nuovi debiti li puoi fare, sì, in nuove lirette, ma a tassi ultrastratosferici. Il che, in fatto di sacrifici, non cambia granché.

    • “I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento”. Il codice civile (art. 1277), questo sconosciuto…

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