Pechino, 11 ago – La Cina di questi tempi sta polarizzando l’attenzione dei mercati finanziari e della comunità internazionale. E’ di poche ore fa la notizia che la Banca Popolare cinese – istituto centrale statale che detiene il potere di gestione della politica monetaria – ha deciso di svalutare lo yuan del 2%. La decisione, spiegano le autorità cinesi, è stata assunta per orientare il cambio in senso più favorevole al mercato. La parità yuan-dollaro, che ieri era a 6,1162, passa a 6,2298. E’ una delle più rilevanti svalutazioni nella storia della moneta cinese.
La svalutazione dello yuan contribuirà a sostenere le esportazioni di Pechino che nel mese di luglio, ricordiamolo, erano crollate in termini annui dell’8,3%. Da marzo la Banca Popolare cinese supportava un tasso di cambio pressoché fisso dello yuan nei confronti del dollaro per aumentare il suo utilizzo a livello internazionale e ad accelerare l’aggiunta nel paniere di diritti speciali di prelievo.
E’ interessante constatare come l‘attuale struttura della Banca Popolare Cinese ricalchi intenzionalmente il sistema della Federal Reserve degli Stati Uniti d’America, con la differenza, non trascurabile, che quest’ultima, è una struttura privata e indipendente del governo statunitense, con finalità pubblicistiche e con alcuni aspetti di natura privatistica, mentre la prima fa parte del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese. Di conseguenza, tutti gli strumenti di leva monetaria sono nelle mani del governo di Pechino.
Se mai questa operazione di svalutazione, voluta dal governo cinese, dovesse essere il preludio di una nuova guerra valutaria, l’Europa, con una Bce completamente svincolata dal controllo politico, ne uscirebbe con le ossa rotte. La svalutazione non piace nemmeno agli Stati Uniti, che da anni chiedono una rivalutazione dello yuan. Il presidente cinese Xi Jinping sarà in visita ufficiale negli Stati Uniti a fine settembre e il tema sarà sicuramente sollevato da Obama.
Com’era prevedibile, intanto in Europa i titoli delle case automobilistiche e quelli dei beni di lusso hanno avuto pessime performance sul mercato azionario: la Cina rappresenta infatti un importante mercato per questo genere di prodotti, che è tra i più colpiti dalla svalutazione dello yuan.
Giuseppe Maneggio
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