Home » Riforma fiscale e scaglioni Irpef, la denuncia di Dirstat: “Un regalo ai ricchissimi”

Riforma fiscale e scaglioni Irpef, la denuncia di Dirstat: “Un regalo ai ricchissimi”

by Nicola Mattei
1 commento
riforma fiscale, scaglioni irpef

Roma, 23 giu – Che riforma fiscale sarà? Domanda non peregrina dato che il tema è all’ordine del giorno del Pnrr, pur non essendo tra i punti caratterizzanti il piano. Tra le pagine del documento si legge di una “possibile revisione dell’Irpef, con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo e di ridurre gradualmente il carico fiscale”. Il tutto a condizione di preservare “la progressività e l’equilibrio dei conti pubblici”. Una collezione di buone intenzioni, almeno a parole. Perché all’atto pratico il rischio più concreto è quello che di progressività si parli sempre meno. Andando ulteriormente a colpire un ceto medio già provato da decenni di riforme a suo danno.

Riforma fiscale, la denuncia di Dirstat 

Ne è convinta Dirstat, federazione indipendente di associazioni e sindacati della dirigenza del pubblico impiego, che boccia senza mezzi termini quelle che sono le indiscrezioni in merito alla ventura riforma fiscale. Nel mirino finisce la revisione degli scaglioni Irpef, che dovrebbero diventare tre rispetto agli attuali cinque. Si parla del 23% fino a 25mila euro di reddito, del 33% da 25 a 55mila e infine del 43% sopra questi ultimi.

È vero che il criterio della progressività viene rispettato. È però altrettanto evidente il beneficio accordato ai redditi maggiori. Dirstat parla senza mezzi termini di “regalia fiscale a favore dei ricchissimi”, sottolineando come l’aliquota del 43% sia oggi applicata ai redditi oltre i 75mila euro. Praticamente “una vera e propria flat tax” per i percettori di redditi più elevati.

“Incostituzionalità palese”

Da qui l’accusa di “incostituzionalità palese e mastodontica”, nascosta dietro il paravento di una semplificazione che non fa rima con equità. Basti pensare che, se nel 1974 gli scaglioni erano 35, oggi diventerebbero tre. Riducendo ulteriormente il carico sui maggiormente benestanti, che quando l’Irpef fu introdotta arrivavano a pagare il 72% sulla parte di reddito più elevata. Oggi tale aliquota risulterebbe quasi dimezzata. Dovendosi dunque “scaricare”, dato che si parla di riforma fiscale a costo zero, altrove. Colpendo proprio quel ceto medio che secondo Dirstat verrà “affossato definitivamente”.

Leggi anche: Pignoramento della prima casa: un altro “regalino” targato Recovery Fund?

Nicola Mattei

You may also like

1 commento

jenablindata 24 Giugno 2021 - 9:45

….
le aliquote irpef nel nostro paese sono gravemente sbilanciate verso i redditi alti e altissimi.
in origine erano molto più equilibrate…
e anzichè spellare i contribuenti,facilitavano l’accumulo di risparmio da parte delle fasce basse della popolazione,costruendo nel tempo quella classe media che è vitale per i paese:
perchè i poveri NON spendono,non creano imprese,non investono e da quando hanno distrutto il matrimonio e la convivenza a forza di regolamentarle a danno maschile,
non figliano nemmeno….
mentre i ricchi portano ricchezze fuori dal paese o delocalizzano,e comunque da molto tempo stanno finanziarizzando i capitali,con il risultato che l’industria e l’innovazione finisce all’estero impoverendo il paese.

poco tempo fa,draghi ha detto sui media che ha intenzione di “ritoccare” le aliquote facendo capire l’intenzione del governo di modificare leggermente gli scaloni interni,lasciando intatte le estremità verso il basso e verso l’alto.

ritengo che sia un ERRORE grave,
e che le aliquote irpef dovrebbero essere rimodulate PESANTEMENTE, per facilitare l’uscita delle classi povere dalle ristrettezze economiche…
e contemporaneamente tassare pesantemente gli eccessi e di reddito e gli accumuli di ricchezza
(che da una parte impoveriscono tutto il paese e dall’altra formano un conflitto di interesse con la democrazia:troppo facile comprarsi il favore delle leggi quando si hanno milioni o miliardi di euro che colano da tutte le parti)

i passati legislatori (alla prima introduzione delle aliquote) erano stati molto più attenti al valore sociale della tassazione..e alla costituzione italiana,
infatti all’epoca le aliquote erano molte di più,e molto più progressive:

quindi in fase di riforma raccomanderei caldamente a chi ne ha il potere,di “spingere”presso i legislatori competenti
in modo da convincerli a tornare indietro…verso una scala di tassazione simile a questa:

fino a 15.000 euro di reddito NETTO, (proletariato) aliquota zero…solo tasse indirette.
da 15mila a 25 mila aliquota 10% (più tasse indirette)
da 25 mila a 50 mila aliquota 20% (più tasse indirette)
da 50 mila a 100 mila aliquota 30% (più tasse indirette)
da 100 mila a 200 mila aliquota 40% (più tasse indirette)
da 200 mila a 400 mila aliquota 50% (più tasse indirette)
da 400 mila a 800 mila aliquota 60% (più tasse indirette)
da 800 mila a 1,6 milioni aliquota 70% (più tasse indirette)
oltre 1,6 milioni 80% fisso…

semplice,e inclusiva come si vede…
perchè AIUTA la fascia bassa della società
a risalire e migliorare il proprio tenore di vita,spingendoli verso la classe media..
e contemporaneamente sposta la tassazione verso i grandi capitali..(che stanno diventando troppo potenti per non essere anche antidemocratici)
e SENZA intaccare ma anzi MIGLIORANDO
il tenore di vita generale del paese,
che si ricordi…
è fatto essenzialmente di proletariato e classe media,
NON di plutocrati.

Reply

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati