Roma, 16 ott – “Si scrive legge di stabilità, ma si pronuncia legge di fiducia”, ha detto tronfio Matteo Renzi, presentando la manovra per il 2016. “Si scrive sanità, ma si pronuncia bancomat”, parafrasiamo. Perché sì, nonostante le promesse e le continue rassicurazioni, a pagare lo scotto maggiore in termini di coperture da trovare sarà come al solito il mondo della salute.
Sanità sempre nel mirino
L’avevamo previsto più di una volta. E alla fine i tagli sono arrivati. Anche Renzi nicchia e cerca di farli passare addirittura come un incremento del fondo a disposizione. Cosa succede: per il 2016 il finanziamento per la sanità si attesterà a quota 111 miliardi, uno in più dell’anno scorso. Grazie a questo incremento nella dotazione, il premier ha potuto affermare che siamo in presenza di un aumento. Anche se, in realtà, visti gli 800 milioni già “bloccati” per i nuovi Lea (i livelli essenziali di assistenza) e al tariffario protesi e ausili, alla fine l’aumento si riduce a meno di un quinto rispetto a quanto annunciato.
C’è un però: le regioni avevano richiesto un adeguamento pari ad almeno due miliardi pena la decurtazione, ulteriore, dei servizi. L’adeguamento non è tuttavia arrivato. Al netto della gestione regionale, non sempre esempio di virtuosismo, si può quindi in questo caso parlare di tagli a tutti gli effetti. Se non altro perché non si compensano, se non per quei 200 milioni e per una parte dei nuovi Lea, le sforbiciate degli anni precedenti. Senza poi considerare la stretta su quelle che il ministro Lorenzin ha definito “prestazioni inutili”, misura che si tradurrà molto probabilmente in una riduzione secca di visite ed esami, buttando il proverbiale bambino insieme all’acqua sporca.
Tagli o mancati aumenti?
Dallo scarto fra posizioni del governo (un miliardo in più) e dei governatori (due miliardi in meno rispetto alle richieste), insorge così la diatriba: sono tagli o mancati aumenti? Ma soprattutto, ad infuocare il dibattito in conferenza Stato-regioni saranno sicuramente anche i rapporti politici: senza l’applicazione di costi standard – dei quali si va parlando da tempo senza però che si giunga mai ad alcuna concreta applicazione, a parte qualche intervento simbolico – infatti, anche chi ha i conti in ordine dovrà sopportare parte dei tagli. Significa che, fra le (poche) altre, Lombardia e Veneto, le due regioni a trazione Lega Nord, saranno ancora una volta chiamate a fare la loro parte e nonostante Maroni e Zaia, i due governatori, avessero annunciato le barricate. Non senza ragione.
Filippo Burla