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Si legge riorganizzazione, si chiama svendita

by Filippo Burla
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Roma, 20 mar – Un anno senza procedimenti giudiziari. Ad essere precisi: un anno e poco più di un mese. Il mandato di Alessandro Pansa alla guida del gruppo Finmeccanica, in qualità di amministratore delegato, non sembra per il momento soffrire di quella curiosa patologia che ha afflitto i suoi due predecessori: Pier Francesco Guarguaglini dopo quasi una decade di governo costellato di acquisizoni, crescita e sviluppo; meno di due anni invece per Giuseppe Orsi, che dovette così passare il testimone. Entrambi raggiunti da avvisi di garanzia, Guarguaglini sarà totalmente prosciolto mentre Orsi è ancora sotto processo per corruzione internazionale.

In questo primo anno al vertice della compagnia industriale, militare e civile, Alessandro Pansa -affiancato alla presidenza dall’ex capo della Polizia di Stato Giovanni De Gennaro- ha avviato un profondo processo di ristrutturazione aziendale. I bilanci degli ultimi esercizi, gravati da pesanti svalutazioni, avevano ridotto notevolmente il patrimonio e rilevato contabilmente perdite notevoli. Necessario quindi un ripensamento dell’attività, con l’obiettivo di concentrarsi in tre ambiti: difesa, aeronautica, elettronica per la sicurezza. Le altre attività definite “non core business” erano e sono destinate all’uscita dal perimetro d’impresa.

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Frecciarossa 1000 “Il più bel treno al mondo”

Il primo passo operato in tal senso è stata la cessione di Ansaldo Energia, perfezionata nell’ottobre dello scorso anno. Nell’impossibilità di raggiungere un accordo soddisfacente con operatori privati, l’85% della società è stata acquisita dal Fondo strategico italiano, braccio operativo di Cassa depositi e prestiti. Una decisione anche di strategia, visto il delicato settore nel quale opera l’azienda produttrice di turbine e sistemi di generazione. Il secondo passaggio prevede, adesso, il deconsolidamento di Ansaldo Sts e AnsaldoBreda: realtà del settore ferroviario, con Sts attiva nell’ambito del segnalamento e dei sistemi di trasporto e Breda nella costruzione di materiale rotabile tra cui il recente Frecciarossa 1000, concentrato di tecnologia che promette di ridurre a 2 ore e 20 minuti il tempo di percorrenza fra Roma e Milano. Se Sts gode di buona salute, conti in ordine e buone prospettive future, il discorso non vale anche per Breda. Problemi di produttività e contenzioni su alcune commesse hanno reso il suo bilancio un campo minato che accumula perdite su perdite, impattando notevolmente sui conti dell’intero gruppo. Da qui l’ipotesi di procedere all’alienazione. Una scelta corretta, almeno dal punto di vista strettamente tecnico-economico. Non industrialmente, se si pensa che in “dote” a Breda verrà offerta anche Sts: una vendita in blocco, con la prima a ridurre fortemente il valore della seconda e, di converso, dell’intero pacchetto. Ammesso poi che non si proceda alla valutazione di un’ipotesi circolata recentemente che vedrebbe la costituzione di una “bad company” nella quale far confluire le commesse senza margini di Breda, per ripulirla di quegli attivi senza redditività e renderla così maggiormente appetibile. In questo modo a Finmeccanica resterebbe in mano il classico cerino e al mercato andrebbe una società ripulita solo artificiosamente.

Il governo plaude all’operazione, nelle parole di una nota congiunta del ministro dello Sviluppo Federica Guidi e dell’Economia Pier Carlo Padoan: « Il deconsolidamento delle attività nei trasporti deciso da Finmeccanica […] costituisce una opportunità per aprire prospettive di sviluppo del comparto trasporti che facciano perno sul mantenimento sul territorio nazionale di centri di eccellenza e di importanti competenze. Pertanto, i Ministri seguono con grande attenzione la conclusione da parte di Finmeccanica di un accordo di partnership con un operatore internazionale che assicuri radicamento nel territorio e valorizzazione globale delle aziende del settore trasporti».

ansaldo-breda-244247_tnNei mesi scorsi si era addirittura parlato di far confluire le attività destinate alla vendita in un nuovo polo del civile da costituirsi sotto la guida di Fincantieri, anch’essa peraltro sulla strada verso la quotazione – ma con lo Stato a conservare comunque la maggioranza. Un’ipotesi che sembra tramontare, come pare escluso l’intervento ancora della Cassa depositi e prestiti che ha già dato il suo contributo nel dossier Ansaldo Energia. E così l’Italia rinuncia ancora ad un pezzo di politica industriale, forse nella convinzione che basti l’attività normativa, genericamente (e fumosamente) regolatoria a far ripartire crescita e sviluppo. Senza realtà imprenditoriali di un certo peso e sotto controllo diretto, tuttavia, è auspicio difficile a realizzarsi.

Filippo Burla

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