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“Non si offende l’inno nazionale”. Pence via dallo stadio dei giocatori inginocchiati

by Giuliano Lebelli
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Roma, 9 ott – Non si offende l’inno nazionale. Con questa motivazione, il vicepresidente americano Mike Pence con la moglie Karen hanno lasciato lo stadio di Indianapolis, prima del match di football americano tra i padroni di casa dei Colts e i San Francisco 49ers. Colpa della nuova protesta dei giocatori della Nfl: per far sentire la loro voce “contro la violenza della polizia ai danni delle minoranze razziali”, i giocatori di San Francisco si sono inginocchiati durante l’esecuzione dell’inno nazionale. Pence, che aveva seguito l’inno con la mano sul cuore, ha salutato la folla e ha deciso di lasciare lo stadio. Poco dopo, su Twitter, l’esultanza del presidente americano: “Ho chiesto io a Pence di lasciare lo stadio se i giocatori si fossero inginocchiati mancando di rispetto al nostro paese”, ha scritto Donald Trump.

Da parte sua, il vicepresidente ha diffuso una nota in cui chiarisce: “Ho lasciato oggi la partita dei Colts, perché il presidente Trump ed io non daremo dignità a nessun evento che manca di rispetto ai nostri soldati, alla nostra bandiera o al nostro inno nazionale”. Nella nota diffusa dalla Casa Bianca si legge ancora: “In un momento in cui così tanti americani stanno ispirando la nostra nazione con il loro coraggio, determinazione e resilienza, adesso più che mai dovremo raccoglierci attorno alla nostra bandiera e a tutto ciò che ci unisce – continua la nota -. Se da una parte ognuno ha diritto alle proprie opinioni, non credo sia chiedere troppo ai giocatori della Nfl di rispettare la bandiera e il nostro inno nazionale. Sono al fianco del presidente Trump, dei nostri soldati, e sarà sempre al fianco della nostra bandiera e del nostro inno nazionale”.

La sintonia tra presidente e vicepresidente viene però messa in ombra dalla clamorosa protesta di uno dei più potenti senatori repubblicani, Bob Corker, presidente della commissione Esteri, che ha detto: “Trump tratta la sua carica – accusa Corker – come un reality tv, come se stesse rifacendo The Apprentice, e a furia di minacciare altri paesi può trascinarci verso la terza guerra mondiale. Mi spaventa e deve spaventare chiunque abbia a cuore la nostra nazione”.

Giuliano Lebelli

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