Washington, 25 giu — La sentenza con cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha rovesciato i principi emersi da Roe v. Wade, pronuncia con cui negli anni Settanta era stata enunciata la natura di diritto costituzionale e quindi di livello federale del diritto all’aborto, ha suscitato una prevedibile ondata di indignazione e di feroce polemica da parte di politici liberal e di esponenti di associazioni a favore dell’aborto.

Aborto, in Usa non è più diritto costituzionale

Lo Stesso Presidente Biden non si è tirato indietro e ha letteralmente sparato a zero contro la Corte, rea a suo dire di aver privato di un diritto i cittadini statunitensi. Il risultato pratico della sentenza è che ogni Stato potrà legiferare in tema di aborto, arrivando a vietarlo o soprattutto — ed è questo il caso statisticamente più ricorrente — limitandone i presupposti temporali per poterlo praticare. L’agitazione che ha colto il campo progressista e pro-choice ha visto i governatori liberal scendere in campo non solo riaffermando le loro legislazioni permissive ma anche arrivando a modellare provvedimenti in grado di tutelare e accogliere donne in arrivo, eventualmente, da Stati la cui legislazione sia molto più restrittiva.

La controffensiva dem

Il governatore del New Jersey, l’esponente del Partito Democratico Philip Murphy ha subito affermato di essere pronto ad ospitare negli ospedali del suo Stato, la cui normativa è assai permissiva in tema di aborto, le donne in arrivo da altri Stati, se necessario anche con il dispiegamento di forze dell’ordine. Il timore, nemmeno troppo velato secondo i liberal, è che gli anti-abortisti potrebbero utilizzare la violenza per dissuadere dal ricorrere all’aborto anche in quegli Stati che continuano a permetterlo con ampia elasticità. Ad oggi l’unico governatore repubblicano che sembra aver aderito al fronte liberal e permissivo è quello del Massachusetts, Charlie Baker, il quale per parte sua ha emanato un ordine esecutivo per proteggere le strutture mediche pro-choice; anche qui il timore è quello di assalti violenti o attacchi terroristici.

Non potevano certo mancare le grandi corporation le quali quando si tratta di «progressismo» o di sempre nuovi diritti non si tirano mai indietro: Apple, Amazon, Disney, Meta (Facebook), Microsoft, Starbucks e altre, hanno deciso di stanziare dei fondi per pagare le spese di viaggio e di ospedalizzazione delle loro dipendenti che dovranno ricorrere all’aborto e per farlo, nel caso siano residenti in Stati che lo rendono problematico, dovranno viaggiare verso altri Stati.

Gli Stati conservatori che vieteranno l’aborto

Sul fronte conservatore, sono tredici gli Stati che dopo la sentenza torneranno, dovendole comunque riadottare e rimodellare, a legislazioni più restrittive, aggiungendosi a sette che hanno già leggi molto dure per accedere all’aborto. Stati come Alabama, Louisiana, Georgia, il Mississippi, ma anche la Florida di Ron De Santis, il Texas e l’Oklahoma, fino a spingersi verso quegli Stati che hanno una profonda e radicata cultura religiosa come lo Utah adotteranno o già dispongono norme di legge molto severe sull’aborto.

Il movimento anti-abortista negli Usa è assai radicato e le sue origini vengono da lontano; non solo principi religiosi o conservatorismo culturale, ma spesso una chiara visione politica che si alimenta di giornali, parrocchie, centri evangelici, strutture associative, tutti avvinti dalla comune battaglia di dimostrare come l’aborto non sia un diritto e come lo stesso aborto sia prima di tutto un dramma. La loro spinta per incidere sulla politica degli Stati ha avuto spesso successo, come nel caso del Texas dove il governatore Abbott ha accolto la proposta di finanziare sussidi per quelle donne che decidano di non abortire.

Le derive pericolose di Roe v. Wade  

Nonostante il fronte anti-abortista venga dipinto come biecamente reazionario o oscurantista, al suo interno ci sono diverse opzioni concettuali, alcune delle quali difficilmente confutabili. Infatti nonostante ai progressisti piaccia tanto pensare in termini dicotomici e di opposizione tra bene e male senza sfumature, gli oppositori di Roe v. Wade hanno anche sottolineato come quella sentenza abbia aperto la strada per pronunce pericolose. Caso più eclatante è la Planned Parenthood v. Casey, secondo cui addirittura sarebbe possibile abortire fino ai sette mesi circa di gravidanza. Ed è proprio questa pronuncia ad aver innescato la lotta più articolata e pesante contro Roe v. Wade, che ne costituiva l’elemento di legittimazione culturale e concettuale, oltre che giuridico.

Cristina Gauri

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Classe 1977, nata nella città dei Mille e cresciuta ai piedi della Val Brembana, dell’identità orobica ha preso il meglio e il peggio. Ex musicista elettronica, ha passato metà della sua vita a fare cazzate negli ambienti malsani delle sottoculture, vera scuola di vita da cui è uscita con la consapevolezza che guarire dall’egemonia culturale della sinistra, soprattutto in ambito giovanile, è un dovere morale, e non cessa mai di ricordarlo quando scrive. Ha fatto uscire due dischi cacofonici e prima di diventare giornalista pubblicista è stata social media manager in tempi assai «pionieri» per un noto quotidiano sabaudo. Scrive di tutto quello che la fa arrabbiare, compresi i tic e le idiozie della sua stessa area politica.

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