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L’accusa dell’Oms: “Metà dei morti europei era nelle casa di cura”. E frena sui test di immunità

by Cristina Gauri
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Ginevra, 23 apr – La metà dei deceduti a causa dell’infezione da Covid-19 in Europa erano residenti nelle case di cura per anziani. E quanto dichiarato dal direttore regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità per l’Europa, Hans Kluge. «Vorrei parlare del quadro profondamente preoccupante che sta emergendo nelle strutture di assistenza a lungo termine nella Regione europea e nel mondo nelle ultime settimane – ha spiegato il medico – Secondo le stime europee, fino alla metà dei decessi avvenuti per Covid-19 si è registrata in questi luoghi». Un’intera generazione falciata via. «Si tratta di una tragedia umana inimmaginabile».

Kluge, nel corso della conferenza stampa virtuale sul Covid-19, ha espresso la sua solidarietà ai parenti «che stanno vivendo questa perdita», spiegando che «L’età avanzata dei pazienti, le loro condizioni di salute di base, i problemi cognitivi nella comprensione e nel seguire i consigli di sanità e di igiene dovuti a disabilità intellettiva o a demenza, sono tutti fattori che mettono queste persone a maggior rischio». La priorità ora è ripensare al modo «in cui operano le case di cura oggi e nei mesi a venire», ha aggiunto rivolgendo un pensiero alle «persone compassionevoli e dedicate che lavorano in quelle strutture – spesso sovraccaricate di lavoro, sotto pagate e prive di protezione adeguata – sono gli eroi di questa pandemia», che troppo spesso hanno pagato con la vita l’inefficienza riscontrata delle strutture.

L’Oms frena sui sierologici

Per quanto riguarda i dispositivi di protezione, controllo e diagnostici l’Oms sostiene che si deve essere «molto cauti a considerare i risultati forniti dai test sierologici o a usarli per determinare decisioni come l’ipotesi di una patente di immunità». Secondo Catherine Smallwood, Senior Emergency Officer dell’ufficio regionale europeo dell’Oms, «i test sierologici possono dare un’indicazione su chi è stato infettato dal virus, in modo da poter calcolare il tasso complessivo di infezione a livello della comunità. Ma con questi esami non possiamo ottenere altre conclusioni, primo perché i test disponibili hanno un margine di variabilità, secondo perché abbiamo una comprensione incompleta, a oggi, dell’immunità che l’infezione fornisce». «Dobbiamo essere molto cauti – conclude il direttore regionale Kluge – anche perché a oggi non ci sono test sierologici prequalificati dall’Oms, quindi dobbiamo adottare strategie con diversi tipi di interventi».

Cristina Gauri

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3 comments

Cesare 23 Aprile 2020 - 4:37

Dicono; “abbiamo una comprensione incompleta, a oggi, dell’immunità che l’infezione fornisce”!!A parte che non è la sola comprensione incompleta che hanno, ma forse stanno suggerendo che non basta avere anticorpi ma che bisognerà mettersi sotto il loro cappello e farsi microchippare da loro per uscire di casa.Bene ha fatto Trump a non finanziare piu’ questi incompetenti che all’ inizio del virus per quasi per 2 mesi hanno detto che non c’era problema mentre dopo,sempre per gli stessi, era la fine del mondo.

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Flavio 24 Aprile 2020 - 8:25

Erano gli stessi che dicevano che non servissero mascherine o limitare i voli da Wuhan…Post invecchiati male…

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Sergio Pacillo 24 Aprile 2020 - 11:01

Ma secondo quale grande scienziato non è normale che la maggior parte dei morti, anche in una situazione di normalità, non debba addensarsi tra gli anziano ?
Facendo una esagerazione, Se tutti gli uomini campano ottanta anni, i morti hanno sempre tutti ottanta anni.
O no?

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