Bruxelles, 27 mar – È Abderahman Ameroud, l’uomo arrestato nella giornata di venerdì presso la fermata del tram vicino a Place Meiser, quartiere Scharbeek di Bruxelles. Un nome già noto per l’anti-crimine internazionale, avendo scontato una pena di 7 anni nel 2005 per aver partecipato attivamente all’attentato in cui perse la vita Ahmad Shah Massoud, il leone del Panjshir, un eroe per il popolo afghano: dapprima comandante delle truppe antisovietiche durante l’invasione che durò dal 1979 al 1989, in seguito leader della coalizione antitalebana durante la guerra civile che prese piede nel decennio successivo.
Ameroud fu uno dei “campeggiatori”: così si facevano chiamare i reclutatori e i falsari che arruolavano volontari francesi di origine magrebina da mandare sul fronte afghano pakistano. L’eroe Massoud perse la vita pochi giorni prima degli attentati dell’11 settembre 2001, a Takhar, quando due finti giornalisti, spacciandosi per inviati di una emittente marocchina, fecero esplodere una bomba nascosta nella loro telecamera. La sua morte determinò l’eliminazione del primo, se non unico, nemico interno per i talebani e quindi per Al Quaeda.
Un filo rosso di sangue e terrorismo che si snoda nella storia degli ultimi decenni, che parte dall’Afghanistan del 2001 per giungere nel centro dell’Europa del 2016. Un filo che oggi si colora delle tinte cupe e fosche dell’Isis, figlio di Al Quaeda, erede di un fondamentalismo che ormai non è più solo affare orientale, ma che arriva nelle nostre case, non passando soltanto dagli schermi delle televisioni o dalle colonne dei giornali, ma colpendo direttamente il cuore dell’Europa.
Ada Oppedisano