Il rapporto fra Avidan e l’Italia si è stretto maggiormente dopo la sua apparizione al festival di San Remo nel 2013 e ad altri concerti tenuti nella penisola. La sua musica ha trovato spazio anche in un pezzo di cinema nostrano, nella colonna sonora di Nessuno si salva da solo, l’ultimo film di Sergio Castellitto. “Andrò a vivere in Italia, a San Bartolo, nelle Marche – ha quindi deciso Avidan – è un luogo in cui potermi riposare e prendere tempo per me stesso. Penso che l’Italia sia il posto giusto”.
Le parole di Avidan non hanno tardato a generare un’eco internazionale e un duro commento di esponenti israeliani. Commenti arrivati fino alle velate minacce, come il ‘consiglio’ dato dal rapper Yoav Eliasi, che lo ha sollecitato a munirsi di una guardia del corpo, quando avesse occasione di tornare in Israele. “Invece di rappresentare Israele con onore all’estero – ha stigmatizzato Eliasi – danneggia il nostro paese, accresce l’odio nei nostri confronti e l’antisionismo. Svende il suo stesso Stato per aumentare le vendite di biglietti”. Per Eliasi la critica di Avidan diventa quindi automaticamente volano di antisemitismo e antisionismo, messi sullo stesso piano e a fondamento di un anatema che ricorda vecchie storie di esuli russi scappati dall’Urss. Le critiche di Avidan sono stato commentate con delusione anche da Noa, l’artista israeliana più nota a livello internazionale. La cantante pacifista attribuisce però l’origine dello sconforto del collega “alla politica intrapresa dal governo di Benyamin Netanyahu”.
Asaf Avidan, rispondendo alle critiche, ha affermato che non ha mai pensato di essere un ambasciatore di Israele, e quindi di dover difenderne le posizioni per dovere di mandato. “Io non sono un artista israeliano, ma un artista che viene da Israele. Ho sempre detto di non rappresentare Israele”. E oggi, Israele non rappresenta più lui.
Ettore Maltempo
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