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Assad: “Ci riprenderemo ogni centimetro della Siria. Compresa Raqqa”

by Eugenio Palazzini
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Damasco, 9 gen – “Ci riprenderemo tutta la Siria, anche Raqqa”. Lo ha detto il presidente Bashar al-Assad in un’intervista rilasciata ad alcuni media francesi. Il leader siriano ha precisato che la delegazione del governo di Damasco è pronta a recarsi in Kazakistan, dove a fine gennaio dovrebbero svolgersi i negoziati per la pace in Siria organizzati nella capitale Astana con la mediazione di Russia e Turchia. “La nostra delegazione è pronta ad andare ad Astana – ha dichiarato Assad nell’intervista riportata dall’agenzia governativa Sana – e non ci sono limiti per i negoziati quando si parla di mettere fine al conflitto in Siria o del futuro della Siria”.

Il presidente siriano ha lasciato quindi intendere di essere disposto a trattare su qualunque argomento, ma non sull’integrità della Siria. Mentre l’esercito di Damasco è impegnato a riconquistare l’area di Wadi Bardi, non lontana dalla capitale, Assad ha precisato che “la guerra non è la soluzione, se ce ne sono altre, ma la domanda è: come si possono liberare i civili dalle zone in mano ai terroristi? È meglio lasciarli sotto di loro, sotto la loro oppressione, sotto terroristi che decapitano, uccidono? Bisogna liberarli, anche pagando un prezzo”. “Questa è una brutta guerra – ha specificato il presidente siriano – anche se la ragione è quella, giusta, di difendere il nostro Paese”.

Secondo il presidente siriano non esistono zone della Siria ancora occupate dai terroristi e da altre forze non governative supportate dalla Turchia e dai Paesi del Golfo che non devono tornare sotto il controllo di Damasco. La guerra, ha lasciato intendere Assad, proseguirà fino a che tutti i nemici della Siria non si saranno ritirati ed “ogni centimetro del suo territorio non sarà nuovamente sotto il controllo del legittimo governo siriano”. Rispondendo alla domanda sul destino di Raqqa, il leader siriano ha detto che la città ancora in mano all’Isis non è esclusa dal processo in atto di riconquista territoriale. Con buona pace di chi già prospetta spartizioni e nascita di microstati, Assad non è affatto rassegnato a vedere la propria Nazione definitivamente mutilata. Dopo averla vista devastata da una delle peggiori guerre per procura degli ultimi decenni.

Eugenio Palazzini

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Marco C. 11 Gennaio 2017 - 9:01

Paradossalmente la faccenda di Raqqa è, a mio avviso, meno politicamente problematica di Idlib o della Siria meridionale, malgrado le bandiere nere dell’est facciano più sensazione. Sarà curioso vedere come sarà gestito il problema del Rojava, ora che i cugini iracheni sono in difficoltà interne.
Idlib è l’unica regione in cui i terroristi hanno profondità strategica, e in quella provincia ci sono città che la ribellione la appoggiarono nel 1982 e di nuovo nel 2012. A differenza, per esempio, di Raqqa. Pertanto Assad penso che sappia bene di dover pagare un prezzo politico non indifferente per avere ragione di quella zona, o almeno per erodere il consenso dei sunniti del nord-ovest; non necessariamente in termini confessionali, ma magari anche in termini di distribuzione delle risorse, visto che i sunniti cittadini non appartenenti al ceto mercantile e non Aleppini erano generalmente esclusi dalla base sociale del sistema di potere assadista.
Se il governo siriano mantiene la virata “sirianista” iniziata già negli anni precedenti alla guerra, il problema può e risolvibile anche con riguardo a curdi e turchi siriani.
Viceversa il sud vicino al Golan e alla Giordania sono delicati per le ovvie implicazioni dei confini regionali; a meno che la Siria non rinunci formalmente alla liberazione dei territori invasi da Israele, a Tel Aviv converrà avere una sacca relativamente controllata a fare da cuscinetto tra il Golan e Damasco.

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