Damasco, 25 giu- Nella giornata di ieri, il legittimo presidente della Siria Bashar Assad ha rilasciato un’intervista all’emittente russa NTV Channel, in cui sono stati trattati alcuni temi politicamente rilevanti per quanto riguarda lo scacchiere geopolitico della Repubblica araba, sia sul piano interno sia su quello esterno. La situazione generale che si palesa nella nazione siriana è quella di un paese in cui l’Isis è stato quasi sconfitto, la capitale Damasco è quasi al sicuro, mentre sono ancora in atto alcune operazioni militari a sud e ad est. Interrogato su quali siano, al momento attuale, i sintomi di questa guerra, arrivata ormai al settimo anno consecutivo, il presidente ha risposto che, sin dall’inizio, questo conflitto può essere definito come una vera e propria invasione, in quanto generato da forze esterne alla Siria: principalmente si tratta di un tentativo di conquista da parte di stati occidentali come Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, seguiti da altri paesi satellite come Turchia, Arabia Saudita e Qatar, che attraverso il denaro riversato nel paese all’inizio della guerra per cercare di creare, invano, una “rivoluzione spontanea”, hanno destabilizzato la Siria, senza che il governo potesse fermarli apertamente.
Alla pesante accusa posta in essere da parte dei media occidentali alle forze governative siriane riguardo l’utilizzo delle armi chimiche, Assad risponde che la narrativa sulle armi chimiche è una scusa che l’occidente pone in essere ogni volta che le truppe americane e quelle dei loro “amici” terroristi vengono sconfitte sul suolo siriano. E’ un chiaro pretesto per intervenire direttamente, militarmente e attaccare l’Esercito Arabo Siriano. “Non abbiamo armi chimiche dal 2013” prosegue “ma tralasciando ciò, anche se le avessimo avute, le avremmo utilizzate solo nel momento in cui fossimo stati sull’orlo di una sconfitta, non all’alba della vittoria. Attualmente, ogni volta che il nostro esercito ottiene delle vittorie, i nostri nemici utilizzano questa scusa, contro ogni logica, come un pretesto che può essere volto solo a supportare il terrorismo in Siria.” Una provocazione tutta occidentale, il risultato di un’allucinazione di massa creata dai media americani, che purtroppo non può essere prevenuta, poiché viviamo in un mondo che viene definito dal presidente siriano come “una giungla, senza effettive leggi o istituzioni internazionali da rispettare.”
Il tema dell’intervista si sposta su una possibile risoluzione del conflitto: attualmente l’America ha aperto negoziati con la Turchia riguardo Manbij, Israele fa nello stesso modo per altri territori, gli iraniani a loro volta avviano negoziati, i curdi cercano di mantenere in essere i loro interessi. Il mondo vede il futuro con una Siria divisa, ma il presidente siriano lo ribadisce: “Una Siria, una Nazione”. Finché la società siriana resterà unita, le potenze straniere potranno soltanto cercare di dividere il territorio, geograficamente, attraverso forme di occupazione, ma finchè Bashar Assad resterà in carica, non gli sarà permesso. Ci sono due forze in gioco: da una parte gli Stati Uniti e i loro alleati che supportano i terroristi con il fine di ridisegnare la mappa del Medio Oriente per ottenerne l’egemonia, dall’altra parte la Russia e i suoi alleati che cercano di contrastare il terrorismo e di restaurare il diritto internazionale. Ma perché proprio la Siria, una nazione così piccola, è diventata il baricentro di questo delicato equilibrio mondiale? Assad non ha dubbi: la Siria è uno Stato indipendente che mai potrà essere soggiogato da potenze esterne e, come tale, gli Stati Uniti non riusciranno mai ad accettare questo stato di cose, a prescindere dalla vastità o meno del territorio.
È stato stimato che per la ricostruzione della Siria siano necessari 400 miliardi di dollari e le forze occidentali hanno ribadito che non verrà versato alcun denaro finché Assad manterrà la sua posizione. “Siamo noi siriani a non permettere che arrivi denaro occidentale sul nostro suolo. L’Occidente non è onesto e anche quando finge di donare, in realtà cerca forme di guadagno e controllo. Non abbiamo mai costruito nulla nella nostra storia attraverso l’ausilio di denaro straniero e questa volta non sarà un’eccezione”, afferma Assad. Riguardo il futuro presidenziale della Repubblica araba, continua: “Sarò il presidente della Siria finché questo coinciderà con la volontà del popolo siriano; se nel 2021 i siriani non vorranno più che sia io la guida del paese, mi farò da parte, ma mancano ancora tre anni. Ogni riforma costituzionale verrà portata avanti solamente attraverso referendum nazionali e non secondo i dettami delle Nazioni Unite.” Quanto a Trump, Assad non ha dubbi: “Parlare con lui sarebbe soltanto una perdita di tempo. Non apriremo dialoghi con chi non ha un approccio costruttivo alla politica e l’America ha questo atteggiamento nei confronti della Siria sin dal 1974”.
L’intervista si avvia alla conclusione e i toni della giornalista prendono una piega più emotiva e introspettiva; viene chiesto al presidente siriano cosa si provi ad essere considerato come uno dei simboli del male del mondo. Assad non ha dubbi: “Vivere da sette anni il disastro che si è riversato sulla Siria è fonte di forte pressione. Ma ogni goccia di sangue che viene versata quotidianamente da ogni singolo siriano, genera molte più emozioni delle falsità. Le menzogne non generano sensazioni di alcun genere. Quando vieni a contatto con persone senza valori e senza morale, queste non riusciranno mai ad avere il diritto di suscitare alcunché nel nostro cuore, nel nostro cervello, nella nostra anima.” Poi Assad conclude: “Quando i nostri alleati difendono la Siria, non stanno versando del sangue solamente per il nostro popolo, ma difendono il mondo dal terrorismo internazionale, che è privo di frontiere politiche”.
Ada Oppedisano
Assad: "Difendiamo i nostri confini, anche per salvare voi europei dal terrorismo senza frontiere"
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Grandissimo.
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