Budapest, 10 mar – In questi giorni ricorre un anniversario. Un anno fa venivano approvate dal Parlamento ungherese alcune norme che restituivano ai magiari la loro sovranità nazionale. Prima di analizzare nel dettaglio tali emendamenti poniamoci qualche domanda.
Come fa un popolo che non ha uno sbocco sul mare e senza risorse energetiche a riprendersi le chiavi di casa senza chiedere a nessuno il permesso? Come fa un primo ministro iscritto al Partito Popolare Europeo ad affermare che: “Non c’è nessuno al mondo che possa dire ai deputati eletti dal popolo ungherese quali leggi possano approvare?” La risposta più semplicistica è quella degli euroscettici: “No Euro-No debito”. Ma, se si vuole imparare qualcosa dalle scelte altrui bisogna in primis capire che non esiste una sola diagnosi per ogni malato.
Il primo ministro magiaro Vicktor Orban ha scelto anche di rimanere fuori dall’area Euro solo perché il suo Paese sarebbe stato troppo debole per affrontare i vincoli di Maastricht. Nessun convalescente parteciperebbe alle Olimpiadi. Quindi, proprio su questo, Budapest non può essere un esempio.
La storia dell’Italia e dell’Ungheria sono profondamente diverse. Qualcuno pensa che con la Lira possiamo riacquisire la nostra sovranità monetaria? L’euroscettico dimentica, però, la separazione tra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia (1981) e poi nel 1992 la privatizzazione delle Banche di interesse pubblico. Come si fa a perdere qualcosa che non abbiamo?
Tornando in terra magiara, cosa può insegnare Orban a noi italiani? La risposta arriva proprio da uno studioso che solitamente gli è ostile: lo storico Federico Argentieri, docente della John Cabot University. In un’intervista al sito Linkiesta, Argentieri spiega che: “Da parte di Orban c’è la volontà di ‘ungheresizzare’ il capitalismo nazionale”. Orban spiega così la sua politica: “L’attuale unipolarismo di marca statunitense mira a stravolgere ogni aspetto dell’umana realtà favorendo la distruzione della loro sovranità nazionale, economica e alimentare”.
Se qualcuno pensa che si possa trattare di un modo per ottenere consensi nel breve periodo si sbaglia. La sua vocazione identitaria diviene realtà grazie una coraggiosa riforma costituzionale conclusasi un anno fa. Cinque sono stati gli emendamenti che hanno scosso i guardiani della democrazia globale. Vediamoli nel dettaglio. L’esecutivo ottiene il potere di limitare la libertà di espressione in nome “della dignità della Nazione, dello Stato e della persona”. Il ruolo della Corte Costituzionale viene limitato a poter sollevare obiezioni strettamente riguardanti la forma di tali emendamenti. L’unico tipo di unione ufficializzato da matrimonio è quello formato da una coppia eterosessuale al fine di generare prole. Non tutte le religioni saranno riconosciute di pari dignità, bensì soltanto quelle definite come tali dalle recenti leggi del governo. Infine, l’ex partito comunista, divenuto partito socialista con la fine dell’URSS, viene classificato come associazione criminale. Il reato d’opinione è sempre odioso. Ma ancora risuonano sulle strade di Budapest i cingoli dei carri armati dell’Armata Rossa benedetti a suo tempo da Giorgio Napolitano.
Ma manca ancora un piccolo dettaglio. Il premier decide di deporre Andras Simor, governatore della Banca centrale Ungherese. Un tecnocrate apprezzato e stimato in tutto il mondo (tra i suoi supporter: Mario Draghi, ShlomoBernanke, Barack Obama) uno strenuo difensore dell’autonomia della Banca centrale. Mette al suo posto Gyorgy Matolcsy, ex ministro dell’economia del suo governo, odiato dagli ambienti economico-finanziari mondialisti. L’esecutivo mette le mani sulla Banca Centrale e sull’Alta Corte. Giudici e banchieri sotto scacco. Siamo in piena dittatura!
Non potendo attaccarlo sul fronte economico, i media a servizio dei potentati economici lo accusano di essere un autocrate, un dittatore. Ma Lui non se ne cura e si sbilancia. Qualche giorno fa è riuscito a tagliare l’Iva sui generi alimentari, aumentare le pensioni, ridurre i biglietti per i trasporti pubblici. Ora lo stato ungherese sta vagliando la possibilità di trasformare le compagnie di servizi di pubblica utilità in enti non profit. E l’Italia può riprendersi la sovranità economica perduta senza lasciare l’Euro? Forse se riuscissimo a riacquistare i titoli del debito in mano estera, a proteggere le aziende di interesse strategico e a separare le banche commerciali da quelle che operano esclusivamente nel mercato finanziario faremmo un grosso passo in avanti.
Qualcuno dirà ma l’Europa non approverebbe. Ma l’Europa siamo noi. In primis siamo i fondatori dell’Unione e poi siamo i primi contribuenti. Ci mettiamo i soldi ma non sappiamo sfruttare i contributi che arrivano da Bruxelles. Non tuteliamo i nostri interessi ma pretendiamo che lo facciano gli altri. Senza Euro il guadagno da signoraggio non verrebbe incassato dallo Stato ma dagli Istituti di credito privati maggiori azionisti della nostra Banca Nazionale. Siamo proprio sicuri che il nostro problema sia l’Euro e Frau Merkel?
Salvatore Recupero
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