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L’Italia esporta oro: è quello dei cittadini in crisi

by Simone Pellico
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compro-oroRoma, 10 mar – In tempo di crisi l’Italia è diventata un paese esportatore di oro, pur non avendo miniere aurifere. Questa sorprendente offerta di metallo prezioso proviene dalle casse del 28% degli italiani, quasi 17 milioni di persone, che hanno venduto i propri beni ai compro-oro. Si tratta di duecento tonnellate d’oro, pari a circa 8 miliardi di euro, secondo le stime di Unioncamere.

La crisi economica spinge gli italiani a barattare il proprio oro di recupero con denaro contante, finendo nelle maglie dei compro-oro sparsi su tutto il territorio nazionale: circa 26mila, ma il numero oscilla fortemente in quanto questi negozi tendono ad aprire e chiudere in tempi brevi. Il loro volume di affari è cresciuto nel biennio 2012-2013 del 200%.
Parallelamente alla crescita del giro d’affari, sono cresciuti anche i sequestri da parte della Guardia di finanza: il 2013 ha fatto registrare un più 1.500% rispetto all’anno precedente, per un importo sequestrato pari a circa 170 milioni di euro.
Nei compro-oro riesce infatti ad infiltrarsi facilmente la criminalità organizzata, sia italiana che straniera, che giocando sulle regole scarne e poco stringenti del settore, utilizza i nuovi monti dei pegni per riciclare denaro o coprire l’attività usuraria.

Si tratta di un altro business sorto a causa della crisi economica, analogamente a quello delle slot machine, al fine di intercettare persone in difficoltà, cacciate allo scoperto senza uno Stato che copra loro le spalle. Anzi, se gli italiani si mettono in coda per vendere i propri ricordi e le proprie speranze, dismettendo il loro patrimonio, lo Stato fa lo stesso, in fila dai potentati internazionali per svendere il patrimonio industriale.

È simbolico che siano Le luci della centrale elettrica ad aver messo in musica il binomio crisi/compro-oro, cantando che “nonostante il flusso costante di gente senza lavoro, di compro-oro compro-oro” arriverà la primavera. È simbolico perché tra poco non avremo più nemmeno una centrale elettrica, aspettando la primavera.

Simone Pellico

 

 

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