Roma, 10 mar – “Il più freddo di tutti i freddi mostri”: la definizione che Nietzsche riservava allo Stato borghese può ormai valere a pieno titolo anche e soprattutto per l’Unione europea, che degli Stati nazionali conserva e amplifica in modo abnorme la parte burocratica senza portare alcun vantaggio in cambio.
E proprio come a un mostro freddo sembrano guardare gli italiani quando volgono lo sguardo all’Ue. Secondo i dati riportati da Ilvo Diamanti su Repubblica, il 32% degli italiani si dice ormai d’accordo con l’affermazione che sarebbe meglio “uscire dall’euro e tornare alla lira”.
In Italia, il peso degli europeisti (29%), che hanno fiducia nella Ue, supera di poco quello di coloro che si oppongono all’Euro e non credono nella Ue (27%). La maggioranza degli italiani (44%) si rifugia invece in un atteggiamento euroscettico oppure eurocritico. Sopporta, cioè, l’euro senza aver fiducia nella Ue.
Il maggior grado di anti-europeismo si raggiunge fra gli imprenditori e i lavoratori autonomi: 43%, fra le casalinghe (44%) e i disoccupati (38%). Mentre il maggior livello di europeismo si incontra, invece, fra gli studenti (43%), i liberi professionisti (48%) e fra gli impiegati del settore pubblico (39%).
Sul piano territoriale, l’anti-europeismo tocca i suoi picchi nel Mezzogiorno e nel Nordovest (quasi 30%), mentre è un po’ meno diffuso nel Centro e nel Nordest (dove, comunque, supera il 20%).
Insomma, un rapporto mai nato quello fra l’Italia e l’Ue. Lo testimonia anche il record tutto italiano delle procedure di infrazione avviate da Bruxelles contro il nostro Paese. Al 31 dicembre 2013, le procedure d’infrazione a carico dell’Italia sono 104, di cui 80 per la violazione di norme e 24 per mancato recepimento di nuove normative.
Nel 2012, a causa delle violazioni riscontrate dalla Corte di Strasburgo, è stata condannata a versare indennizzi per 120 milioni, la cifra più alta mai sborsata da uno dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa.
La domanda sorge spontanea: ma che ci stiamo ancora a fare?