Roma 6 ag – “Non credo assolutamente all’esplosione di 2.700 tonnellate di nitrato di ammonio. Credo sia stato un deposito di armamenti, ce n’era molto meno di esplosivo ma ad alto potenziale” queste le parole di Danilo Coppe, l’esplosivista originario di Parma che si è occupato della demolizione controllata del ponte Morandi. Danilo Coppe ed inoltre è il tecnico che è stato incaricato dai giudici del processo a Gilberto Cavallini a redigere una nuova perizia sull’esplosivo che il 2 agosto del 1980 fece deflagrare la stazione di Bologna.
“Presenza di litio e sodio: razzi di guerra”
“Il nitrato di ammonio, poi, da solo non fa quasi nulla, bisogna che sia catalizzato con qualche altra sostanza: e comunque se fossero state 2.700 tonnellate di nitrato di ammonio sarebbero stati cento container, ma in quel caso non ci sarebbe stata una esplosione simultanea e avremmo avuto un fumo giallo chiaro mentre era color mattone tendente al rosso, colori che indicano più chiaramente la presenza di litio e in parte di sodio. E il litio sotto forma metallica è utilizzato per esempio come propellente per i razzi di guerra, missili militari” continua Coppe che ad Adnkronos illustra la sua interpretazione di esperto in merito alla devastante esplosione avvenuta nel porto di Beirut.
“Non è questione di 2.700 tonnellate”
“Tra uno dei tanti filmati amatoriali ce n’è uno dove si sente un padre di famiglia che continua a dire ‘Oh my God, oh my God’ e poi gli arriva l’onda in casa e ferisce la donna che era con lui” ricorda l’esplosivista “dal momento in cui dalla finestra vede il fungo che sviluppa al momento in cui arriva l’onda passano dieci, dodici secondi. Il che implica che il signore si trovasse a quattro chilometri di distanza. Se, nonostante fosse tanto lontano gli sono arrivati i kilopascal sufficienti a sfondargli i vetri e a fargli cadere i quadri, vuol dire che c’era una sovrappressione dell’aria, un cosiddetto spostamento d’aria che era di circa cinque, sei kilopascal. Bastavano quindi circa otto, dieci tonnellate di esplosivo ad alto potenziale per fare il danno che è stato fatto. Non è questione di 2700 tonnellate, quindi“.
“Incidente? Ci credo poco”
L’esplosivista parmigiano è molto scettico, dunque, riguardo alle ipotesi che vedono alla base del tragico avvenimento un incidente: “Credo poco agli incidenti quando si parla di depositi militari” conclude Coppe “è più facile che una cosa del genere succeda a seguito di un intervento umano erratissimo, quindi dovuto o a stupidità o a dolo”. “Fra la prima esplosione e la seconda più grande si vede un fabbricato con dentro qualcosa che scoppietta: sono munizioni, proiettili quelli che partono” ribadisce Coppe, eliminando in toto la tesi relativa a un deposito di fuochi d’artificio: “Non fuochi d’artificio che prima di scoppiare fanno il fischio. Lì sono colpi secchi, tutti uguali: prima esplosione, incendio, le munizioni alzano la temperatura del locale fino al raggiungimento della temperatura critica per far esplodere la massa di armamenti che era stoccata lì”.
Nadia Vandelli
1 commento
saranno state le scoregge della boldrini quante scoregge alla camera che butta.