Berlino, 19 gen – All’indomani della “serrata” con cui Haftar ha deciso di chiudere i terminal petroliferi sul golfo della Sirte, (quasi) azzerando la produzione di idrocarburi, prende il via oggi a Berlino la conferenza sul futuro della Libia. All’incontro parteciperanno sia il generale Khalifa Haftar che il premier di Tripoli Fayez al Serraj, anche se secondo alcune indiscrezioni (ad ora non confermate) la presenza di quest’ultimo potrebbe essere in dubbio. Difficile, in ogni caso, che siedano allo stesso tavolo.
Fortemente voluto da Italia – che invierà il premier Conte e il ministro degli Esteri Di Maio – e Germania, al vertice prenderanno parte anche Francia, Russia, Turchia, Stati Uniti ed Egitto, insieme ad un rappresentante dell’Onu.
La bozza di accordo sulla Libia
“Domani [oggi, ndr] si uscirà da lì se c’è un accordo sul cessate il fuoco e se si è d’accordo che non si inviano più armi in Libia”, ha spiegato il titolare della Farnesina, spiegando gli obiettivi del multilaterale. Si parte quindi dalla tregua fra i due contendenti, passando per l’embargo all’invio di armi.
Spazio anche alla discussione politica. Stando a quanto riportato dall’agenzia russia Tass, che avrebbe avuto accesso in anteprima alla bozza di accordo preparata dagli sherpa della diplomazia, si parlerà anche del futuro assetto istituzionale della nazione nordafricana: “Accogliamo positivamente la marcata riduzione delle violenze a partire dal 12 gennaio e i negoziati svoltisi a Mosca il 14 gennaio con l’obiettivo di spianare la strada a un accordo di cessate il fuoco. Chiediamo passi credibili, verificabili, in successione e reciproci, a cominciare dalla tregua attuata da tutte le parti interessate, compresi passi credibili verso lo smantellamento di tutti i gruppi armati e delle milizie di tutte le fazioni”, si legge, esplicitando poi l’obiettivo di stabilire “un governo libico unico, unitario, inclusivo e efficace”.
Parte del documento è riservata anche ai sommovimenti che, nel corso delle ultime settimane, hanno visto numerosi attori scendere in campo. Si parla di “cessazione di tutti i movimenti militari a sostegno delle parti in conflitto”: ogni riferimento alla Turchia, che da tempo medita di inviare proprie truppe a sostegno di al Serraj, è puramente intenzione. Arrivando persino a prevedere sanzioni per chi – sostenendo l’una o l’altra parte – facilita l’evolversi del conflitto.
Nicola Mattei