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Che fine ha fatto il manifesto della stragista di Nashville?

by Valerio Savioli
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nashville, stragista

Roma, 16 apr – Il 27 marzo va in scena l’ennesima sparatoria in una scuola cristiana americana, responsabile della strage è la ventottenne Audrey Hale che massacrerà sei persone, di cui tre bambini, prima che gli agenti della polizia di Nashville, Tennessee, la freddino. Incredibilmente, le polemiche (e in seguito anche le proteste) delle ore successive, si sono concentrate sulla decisione dello stato del Tennessee di bandire gli spettacoli di Drag Queen nelle scuole e di arginare l’uso di farmaci bloccanti della pubertà e trattamenti ormonali per le persone “in transizione”.  Con i corpi delle vittime ancora caldi l’intero mainstream media americano si è focalizzato sul pronome appropriato da utilizzare nei confronti della Hale: alla giovane, secondo i precetti woke, si dovrebbero riservare i pronomi maschili, visto lo stato di “transizione” che questa stava attraversando.  Non si tratta del solito squallido opportunismo politico ma di una sua più raffinata metodologia: la politicizzazione del dolore.

Guai a sottovalutare il politicamente corretto

Sarebbe un grave errore intravedere nel politicamente corretto un fenomeno prettamente di rieducazione linguistica, esso è infatti solo la punta dell’iceberg di un processo denso e articolato, capace di (ri)creare un habitat inedito, la cui spietata visione del mondo si manifesta con forza e spudoratezza, in cui è il vittimismo ad essere erto a nuovo eroismo: se Madonna, in risposta alla legge del Tennessee, annuncia un concerto i cui proventi andranno a beneficio delle comunità transessuali, influencer famosi si domandano, sbertucciando, quanto intensamente avrebbero dovuto pregare quei bambini per evitare di essere trucidati, la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre – già icona LGBTQ+ – sostiene che è la comunità transessuale ad essere sotto attacco. Siamo parlando di un intero sistema ideologico e politico, i cui intrecci sono molto più radicati di quanto si possa immaginare.

Nashville, il manifesto della stragista è scomparso?

Lo sprezzo nei confronti delle opinioni altrui, da parte del sistema politicamente corretto, inteso nel suo complesso, prende vigore anche dall’assenza o dalla vaghezza della contrapposizione di chi, dall’altra parte della barricata, non sembra aver nemmeno una visione del mondo da opporvi. La stessa barricata che in Usa sembra essersi, in buona parte, dimenticata del cosiddetto “manifesto” che la Hale avrebbe lasciato ai posteri e ora nelle mani dell’FBI, sì la stessa agenzia di sicurezza statunitense spesso e volentieri al centro di polemiche, dietrologie, teorie del complotto e recentemente accusata da Elon Musk di aver pagato Twitter per censurare determinati post e utenti.

Ci si domanda, quindi, che fine abbia fatto il famoso manifesto della stragista che l’FBI, più di due settimane fa, prometteva di diffondere e perché questo sia magicamente scomparso dai radar dei media mainstream: cosa può contenere di così scabroso o compromettente per far sì che non sia ancora stato reso pubblico?

Valerio Savioli

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