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Coronavirus, per Harvard “La Lombardia ha fatto troppi errori”. Promossi Veneto ed Emilia

by Cristina Gauri
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Bergamo, 1 apr – Regioni confinanti, diversi risultati conseguiti nel contrasto all’epidemia di Covid-19: uno studio comparso sulla prestigiosissima rivista Harvard Business Review, intitolato Lessons from Italy’s Response to Coronavirus (Lezioni dalle risposte italiane al Coronavirus), a firma Gary P. Pisano, Raffaella Sadun e Michele Zanini e ripreso da Business Insider cerca di spiegare il motivo della rilevante discrepanza tra i dati del contagio rilevati nelle tre regioni (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna) tra le più duramente colpite dal virus.

Dati discrepanti, approcci diversi

Scopo dello studio è capire perché, secondo i dati ufficiali, il Veneto rileva 9.155 casi mentre la Lombardia supera i 43.000; perché in Emilia-Romagna il totale degli ospedalizzati si ferma poco sopra le 4.100 persone, mentre in Lombardia sono quasi 13mila. Ma, soprattutto, si vuole fare luce sugli oltre 7mila deceduti lombardi, contro i poco meno di 500 del veneto e i 1.644 registrati in Emilia-Romagna. Appare chiaro, secondo i ricercatori, che la risposta va ricercata in molteplici fattori: dall’approccio lombardo incentrato sull’ospedalizzazione massificata (sono 12.941 gli ospedalizzati lombardi, contro i 4.102 dell’Emilia e i 1.941 del Veneto), a differenza di uno basato su assistenza domiciliare (Emilia-Romagna) o sui tamponi a tappeto (Veneto).

Correggere il tiro si può

Lo studio, spiega a Business Insider Raffaella Sadun, Professor of Business Administration in the Strategy Unit alla Harvard Business School «è nato non dalla volontà di fare i maestrini di Harvard, ma da una profonda disperazione: siamo qui in America e abbiamo famiglie in Italia che vivono realtà diversa». Una sorta di vademecum delle misure da evitare per tutti quei Paesi non ancora investiti dall’epidemia, ma utile anche a tutte le autorità italiane «che possono correggere il tiro».

I primi colpiti, i primi a commettere errori

Secondo i tre professori il nostro Paese è diventato oggetto di ricerca perché si è trovato ad essere il primo, in Occidente, a dovere affrontare il contagio su larga scala: un fatto non prevedibile, che ha portato a commettere sottostime ed errori, anche perché “il sistema sanitario italiano è altamente decentralizzato, diverse regioni hanno provato diverse risposte politiche”, tutte in via sperimentale, quindi passibili di errori.

La strategia Veneta

Nel particolare, lo studio ha voluto equiparare gli approcci di Lombardia e Veneto, evidenziando i seguenti punti di una metodologia più proattiva nella regione governata da Zaia: a) il maggior numero di test approfonditi su casi sintomatici e asintomatici precoci (i tamponi effettuati sono stati 94.784); b) il tracciamento sistematico dei potenziali positivi; c) nell’individuazione dei positivi, venivano testati tutti i presenti nella casa di quel paziente, nonché i vicini; d) in caso di indisponibilità dei tamponi, le persone si sono messe in auto-quarantena volontaria. Inoltre, si evidenzia un “sistema basato su diagnosi in loco e assistenza domiciliare“, parimenti adottato dall’Emilia-Romagna. Ciò ha consentito un minore intasamento delle strutture ospedaliere: “è necessario passare con urgenza da modelli di assistenza centrati sul paziente a un approccio basato sul sistema comunitario che offra soluzioni per l’intera popolazione (con un’enfasi specifica sull’assistenza domiciliare)”.

Tutela del personale medico-infermieristico

Un altro aspetto fondamentale sul quale le due regioni divergono riguarda la tutela degli operatori sanitari: Veneto ed Emilia si sono distinti per la tempestività con cui hanno assicurato i sistemi di protezione individuali al personale medico-sanitario (mascherine, camici, guanti) e tamponi per monitorare lo stato di salute. Al contrario della Lombardia, dove gli operatori “si ritrovano privi degli strumenti minimi di difesa, tanto che gli ospedali si sono trasformati in centri di diffusione del virus, come tristemente scoperto nella Bergamasca e nel Bresciano”.

Gli errori lombardi

La Lombardia, “seguendo le indicazioni delle autorità sanitarie del governo centrale”, a) ha limitato il numero di test (a parità di popolazione, ne ha fatti circa la metà del Veneto);b) si è concentrata principalmente sui casi sintomatici più virulenti; c) ha effettuato “investimenti limitati in tracciabilità proattiva, assistenza domiciliare, monitoraggio e protezione degli operatori sanitari”. Ne risulta che la Lombardia è la prima regione per casi positivi accertati e decessi.

“Il fatto che politiche diverse abbiano prodotto risultati diversi in regioni altrimenti simili avrebbe dovuto essere riconosciuto fin dall’inizio come una potente opportunità di apprendimento”, prosegue lo studio. “I risultati emersi dal Veneto avrebbero potuto essere utilizzati per rivedere velocemente le politiche regionali e centrali. Tuttavia, è solo negli ultimi giorni, un mese intero dopo lo scoppio dell’epidemia, che la Lombardia e altre regioni ha iniziato a prendere provvedimenti per seguire alcuni degli aspetti dell’approccio veneto”.

Aggiornare le decisioni sbagliate

E’ fondamentale capire cosa non ha funzionato. Ma senza stigmatizzare: “In questo momento trovare capi espiatori è sbagliato“, commenta Sadun, “non esiste una responsabilità unica. Le decisioni iniziali sono difficili. Quello che vediamo, però, è l’incapacità di aggiornare decisioni che si sono rivelate sbagliate… Non si stiano abbracciando i dovuti cambiamenti nella politica sanitaria e nel modo in cui stiamo affrontando questo contagio, per paura di dover affrontare un costo politico. In realtà, questo non sta succedendo solo in Italia, accade anche in altri Paesi. Ma bisogna farlo e anche presto, perché gli italiani stanno soffrendo”, conclude la professoressa.

Cristina Gauri

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7 comments

Luca 1 Aprile 2020 - 11:04

La Lombardia continua a fare di testa sua, anche la storia della app è ridicola: perchè queste fughe in avanti quando è fondamentale una regia unica sui dati?

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Amilcare 1 Aprile 2020 - 12:35

… Sia fontana che zaia sono due facinorosi incapaci, hanno approfittato per sdoganare interventi diluendo i veri obbiettivi, sospensione della proprietà privata e annullamento della privacy e non solo, in nome di presunte necessità. Il tutto supportato dal comandante in capo segretario che un giorno richiama ai sacrosanti diritti individuali, e poi appoggia le lamentele in quanto la burocrazia blocca l’uso dei droni… Italici abitanti, capirete che il recinto è aperto ma le pecore non scappano, perché in lontananza abbaiano i lupi? Un teatrino con finale molto amaro per noi, annientati in pochi giorni.

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roberto 1 Aprile 2020 - 12:46

Bravi! Facile criticare il lavoro degli altri! Vedremo presto, purtroppo, cosa sanno fare loro, basandosi peraltro sulla nostra dolorosa esperienza e con un largo preavviso….

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Fabio Crociato 1 Aprile 2020 - 2:16

In sintesi, per i “luminari” di Harvard, l’ errore della Lombardia è stato quello di intasare le strutture sanitarie… A questo punto la responsabilità è della regione (che dal “successo” di passate gestioni “speculative” ha tratto anche erronee certezze operative), o dei vari ministeri della sanità succedutesi che hanno gestito malamente l’ intero sistema, dimostratosi eterogeneo, impotente e debole davanti alle necessità reali di salute sociale? Quando stai male, stai a casa, a letto, zitto, quasi a digiuno, lo dicevano tante nonne… Se devo morire, muoio nel mio letto perché solo lì son certo che la mia ora è correttamente giunta, senza dare e ricevere ulteriori “fastidi”. E, il medico presente, storico testimone di famiglia, era un viandante specializzato, appassionato…, condotto!

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Amilcare 1 Aprile 2020 - 8:02

Spiego e chiarisco, il presidente di regione(non governatore… Governatore di che?) si deve attenere alle disposizioni dei decreti emanati dal presidente del consiglio. Non può inventarsi nulla! Il presidente del consiglio, per emanare i decreti NON PUÒ ledere la costituzione e le leggi, pena l’incostituxionalità e l’illegittimità dei suoi decreti. In pratica commette un reato nei nostri confronti. A voi le conclusioni.

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Fabio87 2 Aprile 2020 - 12:24

In Lombardia, semplicemente, ci sono stati molti più infetti fin dall’inizio. E questa “casualità” non dipende certo dalle scelte a livello politico regonale o nazionale. Si tratta di una situazione di partenza, avvalorata dai dati dei primi di marzo. Poi la conformazione del territorio lombardo,la sua demografia, l’industrializzazione e gli scambi intensi a livello quotidiano della conurbazione padana (non paragonabili con quelli veneti ed emiliani) hanno normalmente fatto aumentare in modo esponenziale questo numero. Questa è geografia, non scienza medica. Ad Harvard dovrebbero studiarsela, prima di scrivere articoli insensati. Se Veneto ed Emilia si fossero trovati nella stessa situazione della Lombardia, i loro sistemi sanitari sarebbero sicuramente già collassati da tempo. La sanità lombarda è tra le migliori del mondo e il personale è efficiente. I medici nelle corsie ogni giorno stanno facendo miracoli. Piuttosto, se si vuole fare una critica all’Italia, si potrebbe porre l’accento sull’ “isolamento lombardo” da parte del governo centrale. Brescia e Bergamo sono allo stremo. Manca tutto, anche a causa dai continui tagli alla sanità degli ultimi decenni. Gli ospedali pubblici cercano in continuaziione medici, infermieri, bombole d’ossigeno e mascherine ad hoc.I medici di famiglia non sanno più che fare: vedono ogni giorno persone chiaramente infette da Covid19 in gravi condizioni e non possono fare loro il tampone e mandarle in ospedale fino a quando raggiungono condizioni davvero critiche (poche ore dopo, infatti, la stragrande maggioranza di queste persone muore sola in ospedale). A Milano sono arrivati i cinesi, a Cremona i cubani, a Bergamo sono arrivati i russi, a Brescia albanesi e polacchi. Ma i medici della task force italiana (grande titolo su tutti i giornali nazionali) dove sono finiti? Il governo ne ha mandati una quindicina a Milano, nulla più. Non dovevano essere almeno 300? Dove sono? Perchè arriva gente da tutto il mondo in tempi record e il governo e la regione non si riescono a coordinare su questa faccenda a distanza di venti giorni dalla “chiamata alle armi”? Questo è sconcertante, non le diverse decisioni politiche a livello regionale. Il cuore del problema è un altro e ad Harvard non l’hanno probabilmente ancora compreso. Sarà la distanza, sarà la disinformazione, sarà il pregiudizio, sarà che in America va “sempre tutto molto bene”. Prego anche per loro.

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CharlesII 8 Aprile 2020 - 9:34

Questo è un esempio di articolo che tende a distorcere la realtà spacciando una visione dell’autore del pezzo per quella di prestigiosi esperti di Harvard. Se vi andate a leggere l’articolo originale vi accorgerete che lo studio attribuisce le colpe al governo, Il governo ha tergiversato nella fase iniziale del contagio nonostante ignorando gli allarmi degli scienziati facendo notare come certi politici abbiano organizzato eventi pubblici anti panico (Zingaretti) anzichè allertare la popolazione del pericolo incombente. Inoltre ha tardato a varare i provvedimenti di contenimento seguendo l’espansione dell’epidemia anzichè anticiparla. Della Lombardia dice che ha sbagliato ad attenersi alle indicazioni fornite dal governo mentre il Veneto che ha disatteso i protocolli ed ha seguito una linea d’azione che si è rivelata essere maggiormente efficiace. L’articolo non parla assolutamente dell’Emilia Romagna e ci mancherebbe, rispetto al Veneto ha più di 3 volte i morti nonostante abbia mezzo milione di abitanti in meno, non è sicuramente un esempio di efficienza.

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