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Una guerra contro lo shale oil dietro al calo del prezzo del petrolio?

by Filippo Burla
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shale oil trivella drillerRoma, 24 dic – Quando si tratta di petrolio e geopolitica, la distinzione amico/nemico รจ sempre estremamente labile. Solidi rapporti possono incrinarsi sulla scia delle quotazioni, guerre asimmetriche essere nascoste dietro il paravento dei corsi di mercato.

Non piรน di un mese fa, su queste colonne, avevamo sostenuto lโ€™ipotesi che dietro al calo del prezzo del petrolio ci fosse, fra le altre cose, una manovra a tenaglia condotta da Stati Uniti ed Arabia Saudita -alleato storico nellโ€™area mediorientale- contro la Russia. Una strategia che, al netto delle manovre speculative contro il rublo, sta giร  manifestando alcuni effetti sulla contabilitร  nazionale di Mosca.

Nel momento in cui scrivevamo, il petrolio Brent quotava attorno agli 80 dollari. Ad oggi ha perso altri venti punti, attestandosi a 60 dollari al barile. Un poโ€™ meno per quanto riguarda il Wti, ieri fermatosi a qualche centesimo sopra i 56. A fronte del continuo calo lโ€™Opec non ha mostrato alcun tentennamento, decidendo di lasciare la produzione invariata.

Una risposta, per tentare di diradare la nebbia sulle vicissitudini dellโ€™oro nero, potrebbe risiedere nella questione del petrolio di scisto. Eโ€™ ormai noto che, grazie allo sfruttamento di questi giacimenti non convenzionali, gli Stati Uniti abbiano raggiunto una considerevole quota di autosufficienza energetica. Unโ€™autosufficienza labile, difficilmente sostenibile nel medio-lungo termine, ma che non si puรฒ dire non preoccupi i produttori โ€œstoriciโ€.

La principale problematica nella coltivazione dei giacimenti di scisto sta nella loro convenienza economica. Secondo uno studio condotto da Bloomberg, il costo medio di estrazione per barile si colloca ad 80 dollari. Eโ€™ una media, con tutti i crismi. Tanto che, con il petrolio al di sopra di quella cifra, solo il 20% dei giacimenti risulta in perdita. Diverso il discorso se, invece, abbassiamo lโ€™asticella a 60 dollari al barile. In questo caso le percentuali si invertono e il punto di pareggio non viene raggiunto da oltre lโ€™80% dei campi petroliferi attualmente in funzionamento o in via di esplorazione.

Lโ€™opinione che dietro lโ€™apparente inerzia dellโ€™Opec ci sia un test per valutare la capacitร  americana di mantenere gli attuali livelli di produzione non รจ peregrina. Recentemente, tale ipotesi รจ stata sostenuta anche dal Wall Street Journal. Lโ€™Arabia Saudita, insieme agli altri paesi del golfo, puรฒ dโ€™altronde contare su centinaia di miliardi di dollari di riserve utili per tamponare cali temporanei nel prezzo del greggio. Senza considerare poi che il loro punto di pareggio (considerando costi di gestione e una parte delle spese fiscali) รจ proprio attorno agli attuali 60 dollari che sul mercato sembrano mantenersi stabili.

Filippo Burla

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1 commento

Petrolio: si sgonfia la bolla dello โ€œshaleโ€ | IL PRIMATO NAZIONALE 26 Gennaio 2015 - 11:44

[…] Wti non mostreranno alcuna ripresa che, al momento, รจ attesa solo verso il finire di questโ€™anno. Secondo uno studio condotto da Bloomberg, il costo medio di estrazione del petrolio di scisto si colloca a 80 dollari per barile. Ancora piรน […]

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