Kiev, 22 apr – Camminando lungo le strade di Kiev è impossibile non notarli, vestono mimetiche di ultima generazione e sono equipaggiati di tutto punto, le gente si gira a guardarli con ammirazione e ogni ragazzo ucraino, oggi, vorrebbe avere sul braccio le loro insegne, sono i militanti di quello che un tempo era il famigerato Battaglione Azov, ora divenuto reggimento, sono la punta di diamante dello schieramento ucraino combattono sulla prima linea spesso come avanguardia dello stesso esercito regolare. Dopo la rivoluzione di Maidan avevano occupato un intero albergo nei pressi dello stadio dove gioca la Dynamo Kiev, di cui sono accaniti tifosi. Oggi che la situazione in piazza è normalizzata hanno dei veri e propri uffici di rappresentanza sparsi per la città.
Ci avviciniamo ad uno di questi, proprio nei pressi della piazza principale, ha una porta blindata e sul balcone sventola la bandiera del reggimento con la runa e lo scudo che ormai tutti in Ucraina hanno imparato a riconoscere. Bussiamo e una voce metallica ci parla da un citofono incastonato nel muro. Dopo qualche secondo ci apre un ragazzo sulla ventina, imbraccia un kalashnikov e ci scruta.
Parla un po’ di inglese e gli chiediamo se è possibile parlare con un responsabile, un comandante. Ci fa accomodare nell’atrio del palazzo dove su un vecchio divano siedono cinque miliziani con le pistole bene in vista, incastraste nelle cinte o dentro le tasche dei giubbotti tattici, alle pareti le foto dei loro camerati uccisi in battaglia e ovunque scatole e casse di cui possiamo solo immaginare il contenuto. Ci fanno attendere qualche secondo, poi un ragazzo in mimetica nera scende le scale ci saluta frettolosamente e ci spiega che quello in cui siamo è una sorta di deposito e di caserma per i soldati che non sono al fronte, non ci sono ufficiali o politici e ci consiglia di provare ad un altro indirizzo.