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Documento Cia: quando in Francia gli intellettuali di sinistra passarono con gli Usa

by Valerio Benedetti
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Parigi, 9 mag – Che in Francia gli intellettuali, in particolare di sinistra, abbiano sempre svolto un ruolo rilevante in politica è cosa nota. Non tanto come militanti attivi, beninteso (ché il lavoro sporco, si sa, è meglio lasciarlo fare agli altri), quanto piuttosto come la fonte che crea e indirizza autorevolmente il dibattito politico. Questa realtà di fatto – non troppo dissimile dalla nostra – l’abbiamo potuta appurare nel corso delle recenti elezioni presidenziali in terra di Francia: un’intera casta intellettuale – supportata da un potentissimo apparato mediatico – ha promosso, sostenuto e foraggiato all’unisono e fino al parossismo il rampollo dei Rothschild, ormai neopresidente francese, Emmanuel Macron.

Ma del ruolo degli intellò d’Oltralpe se ne erano accorti per tempo anche alcuni dei maggiori beneficiari dei loro servizi, ossia gli Stati Uniti d’America. Un documento ormai desegretato della Cia, risalente al dicembre 1985, conferma infatti la convergenza di interessi tra il padrone d’Oltreatlantico e gli «utili idioti» del capitale. La nota dei servizi segreti americani, lucida e informata, descrive nei minimi dettagli il lavoro svolto tra gli anni Settanta e Ottanta da parte di maîtres à penser del livello di Bernard-Henri Levy e Andre Glucksmann. Si tratta dei tanto acclamati «nuovi filosofi», come essi stessi si definirono a suo tempo. Partoriti dal pensiero progressista e pacifista, si faranno animatori di una critica spietata e anti-totalitaria dell’Unione Sovietica per poi finire nella cerchia di Sarkozy ad aizzare le «primavere arabe» e la destabilizzazione del Nord Africa. Non prima, ovviamente, di averci ricordato gli effetti benefici dell’immigrazione e della globalizzazione a guida statunitense.

Proprio Levy e Glucksmann, secondo la nota della Cia, svolsero con i loro best-seller un ruolo decisivo nello screditare l’Unione Sovietica – che al tempo era ancora ben voluta dalla sinistra francese – e nel riorientare l’opinione pubblica transalpina in favore delle politiche statunitensi. Il redattore della nota specifica infatti che, anche grazie ai servigi dei nouveaux philosophes, l’indice di gradimento degli Usa presso i francesi passò dal 30 al 43% in soli tre anni (1982-1985), mentre l’ostilità nei confronti di Washington diminuì dal 51 (quindi più della metà) al 27%. Ora, senza lasciarsi andare a dietrologie di sorta, almeno una cosa è evidente: il fascino del «padrone» e del potere, in fondo, ha sempre sedotto i bambini viziati che giocano a fare i proletari.

Valerio Benedetti

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