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Ecco quali sono gli Stati che non pagano riscatti ai terroristi. E perché non lo fanno

by Eugenio Palazzini
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terroristi, soldi

Roma, 12 mag – Per salvare un proprio cittadino preso in ostaggio da un gruppo terroristico, lo Stato italiano paga un riscatto milionario. Chi lo ignorava, o più verosimilmente lo aveva dimenticato visti i numerosi precedenti, dopo la liberazione di Silvia Romano ne ha la certezza. Non è affatto vero però, come sostenuto da alcuni commentatori nelle ultime ore, che così fan tutti. Perché non tutti gli Stati pagano riscatti. Vediamo quali, tra quelli che per vari motivi rischiano maggiormente di incappare in questo problema, si comportano diversamente. Teniamo di conto però che non è detto che vi sia una linea ufficiale e che a volte le trattative per opportunità politica vengono tenute nascoste ai cittadini.

Gli Stati che non pagano mai

Stati Uniti e Regno Unito si sono sempre, o quasi sempre, rifiutati categoricamente di pagare riscatti. Talora avviano trattative con i terroristi su altre basi, in particolare lo scambio di prigionieri. E’ un metodo senza dubbio discutibile, perché quasi mai avviene alla pari. Ovvero chi ha rapito un cittadino (talvolta un militare) britannico o statunitense, non chiede in cambio un solo prigioniero ma diversi appartenenti al proprio gruppo terroristico incarcerati. Ma così è, Washington e Londra non pagano.

Israele è un caso a sé. L’atteggiamento del governo di Tel Aviv è sempre stato dettato dalll’uso della forza come metodo prioritario e viziato dal considerare terroristi i palestinesi che rapiscono militari israeliani. Ma vale la pena citare questo esempio per capire il modus operandi di chi soprattutto negli anni passati si è ritrovato a dover gestire questo genere di situazioni anche con operazioni asimmetriche. L’esempio più significativo è il caso di Gilad Shalit, giovane militare ostaggio catturato da un commando palestinese nei pressi della Striscia di Gaza. Per liberarlo le forze armate di Tel Aviv lanciarono una massiccia campagna militare invadendo la Striscia il 28 giugno 2006. L’intera storia da raccontare sarebbe lunga, ma Israele riuscì infine a ottenere il rilascio di Shalit soltanto scarcerando 1027 palestinesi. Eppure non arrivò mai a pagare un riscatto in denaro.

Un altro Stato che non paga riscatti è il Giappone. Quando due cittadini nipponici vennero rapiti in Siria dall’Isis, il governo di Tokyo mise subito le mani avanti di fronte alla richieste di milioni di dollari in cambio della loro liberazione: ‘‘La posizione del nostro paese resta invariata, non cediamo ai ricatti dei terroristi’‘, dichiarò Yoshihide Suga, braccio destro del primo ministro Shinzo Abe. Poco dopo quelle parole il gruppo jihadista decapitò Haruna Yukazawa, uno dei due ostaggi. Ma il Giappone restò irremovibile e non abbiamo notizie di altri giapponesi sgozzati di recente.

Giusto o sbagliato?

Ma allora è giusto o sbagliato che uno Stato paghi un gruppo terroristico per ottenere il rilascio di un cittadino? Probabilmente nessuno risponderebbe senza indugio “è giusto”, ma chi non trova nulla da obiettare sulla vicenda della liberazione di Silvia Romano direbbe semplicemente che è inevitabile. Una risposta dettata dal presupposto che uno Stato non può permettersi di usare la forza in questi casi, perché rischierebbe di mettere a repentaglio la vita dell’ostaggio. Viceversa si potrebbe obiettare, come abbiamo fatto ieri su questo giornale, che il pagamento dei riscatti compromette la posizione dei cittadini di uno Stato che si trovano per qualsivoglia motivo in una qualunque zona calda del mondo. Induce insomma un gruppo terroristico a compiere un sin troppo semplice ragionamento: se rapisco un cittadino di un dato Stato, quel dato Stato mi pagherà profumatamente per riaverlo.

Si pone poi la questione di come verrà utilizzato quel cospicuo gruzzolo di soldi dai terroristi. E in questo caso è lo Stato che dovrebbe essere indotto a compiere un sin troppo semplice ragionamento: se sono terroristi li useranno per compiere atti terroristici. Dunque si salva un civile rischiando fortemente di farne uccidere molti altri? Nel 2015, Nasser al-Wahishi, uno dei leader di al-Qaeda in Yemen, dichiarò che la gran parte degli introiti del suo gruppo terroristico provenivano proprio dai riscatti pagati per il rilascio degli ostaggi. Questo basterebbe per far riflettere chi propende per il pagamento a prescindere.

Eugenio Palazzini

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5 comments

jenablindata 12 Maggio 2020 - 9:32

dicono che per questo riscatto siano stati pagati 4 milioni di euro,
e 11 milioni per le altre due sgallettate dell’altra volta:
quindi una media di circa 5 milioni di euro ad ostaggio.

a rigor di giustizia,non è ammissibile che uno stato finanzi in questo modo il crimine e il terrorismo,ma
è anche vero che lo stesso stato per essere degno degno del suo nome…
NON può abbandonare i suoi cittadini:
quindi E’ GIUSTO,che sostenga i costi per la loro liberazione.
tutto sta a fare la cosa giusta,nel modo giusto:
il modo giusto,è cambiare i metodi di pagamento:
da ora in avanti,per ogni ostaggio “versiamo”
sulle zucche dei rapitori e dei fiancheggiatori,
5 milioni di euro di bombe e piombo balistico
con adeguata energia cinetica….
cosi faremo LA COSA GIUSTA,NEL MODO GIUSTO:
…e l’industria dei rapimenti internazionali si renderà immediatamente e acutamente conto che
NON è un buon modo,per finanziarsi.

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jenablindata 12 Maggio 2020 - 9:41

e se per fare la cosa giusta dovrà morire qualcuno,che muoia:
la prossima volta che se ne stia a casa sua…
o che vada in ferie o fare volontariato nei paesi civili,punto.

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MAZ 14 Maggio 2020 - 9:16

sei proprio una merda di uomo.Allora anche le multinazionali, gli eserciti in giro per il mondo se ne stiano a casa propria!

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rino 12 Maggio 2020 - 10:51

Per quel poco che ne so sul rapimento Moro molte testate giornalistiche si espressero contro eventuali forme di trattative con i terroristi.
Quotidiani molto diciamo così ‘aperti’…

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Emilio Stefano 13 Maggio 2020 - 11:10

Pagare un riscatto per liberare un’ostaggio alimenta il business del rapimento.Inoltre,mostra la debolezza ideologica e militare di uno stato. Comunque, se questi “volontari” invece che andare in paesi stranieri facessero un po di volontariato nei nostri ospedali, alla Caritas, oppure nei canili comunali, sarebbe molto piu giusto.Inoltre, io
Posso anche accettare che un chirurgo, oppure una persona specializzata in sistemi d’irrigazione vadano ad aiutare in paesi sottosviluppati.Ma questi sciaqquini come la Romano che assistenza possono fornire a queste popolazioni?
Io personalmente l’avrei l’asciata là.

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