Roma, 16 ott – Erdogan potrebbe fermare l’attacco in Siria ma non cambia idea sui curdi, che continua a giudicare quasi tutti semplicemente dei terroristi. “La nostra posizione è la seguente – ha dichiarato il presidente turco davanti ai parlamentari del suo partito Akp – subito, stasera, che tutti i terroristi depongano le armi e gli equipaggiamenti, distruggano tutte le loro fortificazioni e si ritirino dalla zona di sicurezza che abbiamo fissato”. Specificando poi che questo sarebbe “il modo più veloce di risolvere il problema in Siria”. Un annuncio piuttosto criptico, visto che Erdogan non ha specificato esattamente quali siano “i terroristi” che dovrebbero andarsene dalla “zona” da lui definita “di sicurezza”. Detta così siamo fermi alla solita richiesta del presidente turco, che appunto con il termine “terroristi” ha sempre definito in generale i curdi stanziati nel nord della Siria.
Poi Erdogan ha difeso il suo intervento militare dalle accuse internazionali, dicendo che “nella sua storia la Turchia non ha mai compiuto massacri di civili e non lo fa neppure ora”. Non siamo dunque di fronte a un imminente cessate il fuoco, per quanto il “sultano” abbia parzialmente aperto al freno dell’offensiva. Il problema, con tutta evidenza, restano le condizioni da lui imposte per giungervi. “Ci sono alcuni leader che cercano di mediare” tra Ankara e le forze curde. Ma, ha detto Erdogan, “non è mai accaduto nelle storia della Repubblica turca che lo Stato si segga allo stesso tavolo di un’organizzazione terroristica“. E’ chiaro a questo punto che il presidente turco potrebbe eventualmente accettare di fermare il suo esercito soltanto di fronte a pressioni di altro tipo da parte dei principali attori internazionali, in primis Russia e Stati Uniti.
Putin unico interlocutore?
Alla tv britannica Sky News, Erdogan ha però anticipato che non incontrerà la delegazione americana di cui tra l’altro fa parte il vicepresidente Usa, Mike Pence: “Quando verrà Trump, vedrò lui”, ha precisato. D’altronde dopo gli schizofrenici cambi di linea del presidente americano, che prima ha dato di fatto il via libera all’intervento militare turco e poi lo ha a suo modo condannato, i rapporti tra Washington e Ankara si sono di colpo freddati. Anche per questo Erdogan tergiversa sulla sua visita negli Stati Uniti, in calendario il 13 novembre, dicendo adesso che potrebbe annullarla.
Ben altri rapporti sembrano invece consolidarsi con Mosca, nonostante le inevitabili frizioni in Siria ma in parte anche per questo. Erdogan, in particolare dopo il ritiro delle truppe statunitensi, vede in Putin l’interlocutore di maggior peso. “Per quanto riguarda la mia visita in Russia, non c’è nulla di negativo al riguardo, e la visita si terrà, molto probabilmente“, ha detto infatti il presidente turco. Una visita prevista per fine ottobre ma che visti gli sviluppi in Siria potrebbe anche essere anticipata. Il tutto a dimostrazione del cambio di gerarchie in Medio Oriente, con Washington sempre più oscurato da Mosca.
Eugenio Palazzini