Roma, 20 apr – Due giorni fa, il quotidiano progressista israeliano Haaretz, aveva diffuso la notizia secondo la quale il premier italiano Renzi avesse scritto, circa sei settimane fa, in forma strettamente privata, al primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu per suggerire un ripensamento in merito alla nomina di Fiamma Nirenstein quale prossimo ambasciatore di Israele a Roma. Ma nelle ultime ore, dopo che la notizia era stata ripresa dai giornali italiani, Palazzo Chigi ha smentito.
Sempre più certo, dunque, entro la fine dell’anno o molto probabilmente entro l’estate, l’arrivo a Roma della giornalista la cui nomina, del resto, era stata ufficializzata dal premier israeliano già nell’agosto scorso. Una nomina mai andata giù alla comunità ebraica romana a partire dal rabbino capo Riccardo Di Segni, che contesta alla giornalista nata a Firenze nel ’45, già direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura a Tel Aviv nonché parlamentare per il Popolo delle Libertà di Berlusconi, di essere troppo vicina alla destra e risultare potenzialmente scomoda a fronte di un governo in carica di sinistra. Del resto, proprio Di Segni e la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello avrebbero fatto pressioni in merito sul presidente di Israele Reuven Rivlin, esponente storico del Likud, nel corso di un incontro avvenuto il 3 settembre scorso. Pressioni delle quali Rivlin, però, non avrebbe accettato di farsi portavoce presso il governo.
Fiamma Nirenstein, secondo la quale “ogni ebreo nel mondo è un israeliano”, che dopo essersi trasferita in Israele nel 2013, in quanto ebrea, ha ottenuto molto facilmente la cittadinanza israeliana, proprio per evitare le polemiche sulla doppia cittadinanza, ha rinunciato a quella italiana. Ma è proprio questa un’altra questione che non andrebbe giù alla comunità ebraica romana, in quanto riporterebbe a galla la questione della doppia lealtà degli ebrei rispetto al paese in cui risiedono: “È compatibile la fedeltà completa a un altro Paese da parte di qualcuno che fino a ieri rappresentava il popolo italiano in Parlamento?”, scriveva mesi fa Alberto Heimler su “Pagine Ebraiche”. Altre prese di posizioni erano apparse, del resto, su “Moked”, portale dell’ebraismo italiano, sul quale Dario Calimani avanzava “il dubbio che una persona che ha avuto un ruolo attivo e assai visibile nella vita politica italiana, con incarichi istituzionali, ricopra in Italia un ruolo di rappresentanza di Israele”.
Obiezioni ineccepibili e che valgono su entrambi i fronti ma che, con ogni probabilità, più che questioni di fedeltà alla Repubblica Italiana, nascondono neanche troppo velatamente giochi di potere interni alla comunità ebraica stessa. D’altronde, Fiamma Nirenstein, autrice di libri quali “L’abbandono. Come l’Occidente ha tradito gli ebrei”, “Gli antisemiti progressisti. La forma nuova di un odio antico” e “Due pesi, due misure. L’informazione su Israele in Italia”, sempre pronta ad accusare di antisemitismo chiunque osi andare contro le politiche di Israele, proprio nel giugno scorso aveva sfidato Ruth Durughello nella corsa alla presidenza della Comunità ebraica di Roma. E, su quasi 11mila votanti, era stata appunto la lista della Durughello “Per Israele”, nome che certo non richiama molto all’italianità, ad ottenere la maggioranza relativa conquistando il 44% dei voti, a fronte del 22,95% della lista “Israele siamo noi” della Nirenstein, che pure nel 2011, sul Jerusalem Post, figurava nella lista dei cinquanta ebrei più influenti nel mondo.
Emmanuel Raffaele
1 commento
Vicina alla destra?… Brava, Fiamma, noi nazionalsocialisti ti diamo il benvenuto!