Manila, 12 nov – Il bilancio dei morti del tifone Haynan, che ha colpito nei giorni scorsi l’arcipelago filippino, è impressionante e purtroppo destinato ad aumentare. L’Alto commissario per le operazioni umanitarie delle Nazioni Unite, Valerie Amos, ha affermato che “ci sarebbero 10.000 morti solo nella città di Tacloban”. Le autorità filippine ieri ne calcolavano 10 mila in tutto l’arcipelago. Quasi cinque milioni di persone sarebbero coinvolte nel disastro, circa 950 mila famiglie, secondo quanto riportato dal National Disaster Risk Reduction and Management Council (Ndrrmc). L’Unicef inoltre ha calcolato che il 40% delle persone coinvolte sarebbero bambini e ragazzi al di sotto dei 18 anni.
Gli italiani dispersi non dovrebbero essere più di una dozzina ma al momento la Farnesina è riuscita a parlare soltanto con tre di loro. “Siamo riusciti a contattare tre persone, stanno bene e questo è un dato positivo”, ha dichiarato il viceministro degli Esteri Marta Dassù a Radio Anch’io. Al momento gli unici paesi intervenuti sul campo con forze militari sono Usa e Gran Bretagna. Il governo di Washington ha messo a disposizione una portaerei con 5 mila marinai e 50 aerei militari. Londra ha inviato una nave da guerra con attrezzatura capace di produrre acqua potabile da quella marina e un Boeing C-17 da trasporto.
La tragedia filippina ha palesato comunque l’incapacità di prevenzione di un paese ancora economicamente arretrato, con scarsi mezzi di protezione civile e strutture sanitarie e di accoglienza inadeguate. Soltanto grazie ad un’accurata organizzazione sarebbe stato possibile limitare le morti e i danni, come avvenuto appunto in Vietnam dove un pronto intervento di 170 mila uomini dell’esercito ha permesso di evacuare la popolazione del nord est del paese, circa 600 mila persone messe in salvo. Per quanto la violenza del tifone che si è scagliato sulle coste filippine fosse ben maggiore, la sensazione che si potesse fare di più permane, se non altro perché era annunciato da tempo.
Intanto ieri a Varsavia è iniziata la conferenza sul clima, contro il riscaldamento globale, un appuntamento preparatorio al vertice del 2015 a Parigi. Il delegato delle Filippine, in sciopero della fame per solidarietà con i propri connazionali, si è espresso senza mezzi termini: “La crisi climatica è una follia. E noi qui, a Varsavia, possiamo fermarla. Il mio Paese si rifiuta di accettare una 30esima e poi una 40esima conferenza per risolvere il problema dei cambiamenti climatici”. La conferenza terminerà tra dieci giorni, ma, anche considerato lo scontro tra Cina e Usa sulle riduzioni delle emissioni di gas serra, nessuno si illude che i Paesi partecipanti raggiungano intese risolutive.
Eugenio Palazzini