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Phnom Pehn, 2 set – Non è un buon momento per le Ong di tutto il mondo: nel Mediterraneo continuano ad emergere pesanti elementi di collusioni con il criminale fenomeno della “tratta dei disperati” che dalla Libia arrivano sulle coste europee (soprattutto in Italia fino a poco fa), in Giappone Sea Shepard ha dovuto chiudere i battenti dopo che il governo giapponese ha comunicato che considererà ogni interruzione dell’attività delle baleniere come “sabotaggio” ed ora guai anche nel sud est asiatico.
Il governo cambogiano ha infatti comunicato all’ong National Democratic Institute che ha una settimana di tempo per chiudere i propri uffici, interrompere le proprie attività e considera espulso il proprio personale straniero. Mica poco. L’Ong dal sito comunica l’evento sottolineando il proprio ruolo fondamentale nel rafforzare le istante democratiche nel paese a partire dal 1992. Sarà: il governo invece parla di illegale influenza nel processo politico in Cambogia in vista delle elezioni legislative del prossimo anno.
Ingenuamente ci si sarebbe potuto aspettare che i media liberal americani tenessero un profilo basso o comprensivo verso la scelta del governo cambogiano, visto quanto si erano detti preoccupati delle fantomatiche “interferenze russe” sulle elezioni americane, invece no: sembra che stavolta le eventuali interferenze fossero accettabili. Anche il Dipartimento di Stato è preoccupato del clima politico che si sta creando nel paese. In ogni caso la Cambogia è nella black list dei paesi occidentali e pertanto non può al momento subire particolari ricatti, se non eventualmente dalla Cina che, come sappiamo, a propria volta non ama le Ong. In realtà anzi, la risposta cambogiana è stata particolarmente dura e ha colpito immediatamente un giornale di lingua inglese, il “Cambodia Daily”, reo di non aver pagato le tasse e pertanto tenuto a chiudere entro la settimana prossima (giornale un po’ sospetto lasciateci dire: fondato da un cittadino Usa che ha trovato economicamente sensato aprire un giornale in lingua inglese in un paese dove non è parlato praticamente da nessuno).
Tornando al National Democratic Institute si possono notare parecchie cose interessanti: tra i finanziatori troviamo multinazionali come Coca Cola o la British Petroleum e nel personale una curiosa percentuale di ex dipendenti nel Dipartimento di Stato Usa: più che sufficiente per essere sospetti in un paese dove la tradizione politica è parecchio diversa da quella occidentale. Piaccia o non piaccia le Ong hanno scelto di diventare attori politici a tutti gli effetti e arrivano a fare concorrenza all’attore politico per eccellenza che è lo Stato: se per diverse ragioni (praticamente nessuna buona) in occidente questo è considerato accettabile, nel resto del mondo no.
Guido Taietti
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