Parigi, 2 dic – “Non ho niente contro di loro, ma sono davvero troppi”. Il meccanismo dell’esclusione gira come un ingranaggio ben oliato. Eppure, in questo caso, il frame etnocentrico non inumidisce nessun occhio compassionevole, perché ha a che fare con un odio che esiste ma non esiste, che cova all’ombra dell’esperimento giacobino ma di cui è consigliabile non parlare.
Eppure, il rancore lascia tracce. Meglio: cinguettii. Qualche giorno fa hanno fatto discutere i tweet di un sedicente sorvegliante scolastico, che ha scritto, parlando degli sfortunati alunni bianchi di cui egli dovrebbe avere cura: “Godo nel punirli, ahahah. E favorisco neri e meticci. Se un bianco litiga con un nero, io non li punisco entrambi. Il bianco deve chiedere scusa e viene messo in castigo. Il nero può andare a giocare”. Dopo lo scandalo, il profilo è scomparso, non senza lasciare comunque tracce.
Quando aprirono le scuole, del resto, il collettivo identitario Projet Apache – la scelta del nome è significativa – raccolse un bel po’ di tweet di studenti che, lontano da ogni linguaggio edulcorato, esprimevano una realtà occultata che prepotentemente si fa largo: quella dell’odio anti-francese. Anti-europeo. Anti-bianco. Non c’è molta differenza fra queste sfumature agli occhi dei giovani beur, i “nuovi francesi” di estrazione nordafricana, che fanno poco caso alle sottigliezze del politicamente corretto e parlano tranquillamente il linguaggio schietto e carnale che i loro padrini politici interdicono a tutti gli altri.

“Bianchi dappertutto, divento pazzo!”, si lamenta Beur a Kerhla. “Sporco bianco, vai a mangiare maiale e resta nel tuo quartiere, qui 

E “Cronaca di un odio che non esiste” è proprio il sottotitolo polemico di Sale Blanc! (Sporco bianco!), il saggio di Gérald Pichon uscito qualche mese fa in Francia con l’intento di guardare in faccia, dati alla mano, la faccia nascosta della République. Dovesse girare oggi un remake di La Haine, Mathieu Kassovitz avrebbe molto da cambiare nella sceneggiatura.
Giuliano Lebelli
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