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Germania: Trionfo della Merkel, verso la Große Koalition

by La Redazione
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merkel271971È ancora Angela, la cancelliera di ferro, a sorridere dopo le elezioni nazionali tedesche del 22 settembre. Un risultato storico per la Cdu e la Csu (che altro non è che la Cdu bavarese), che non otteneva un tale consenso (41,5%) da più di 20 anni, aumentando del 7,7% rispetto alle votazioni del 2009. Con 311 seggi ottenuti al Bundestag (il Parlamento tedesco) il partito della Merkel sfiora di un niente la maggioranza assoluta (316 seggi), che avrebbe permesso alla Cdu di governare incontrastata per i prossimi quattro anni.

Risultato sconfortante invece per i socialdemocratici (25,7%), al di sotto delle attese e staccati di più di 15 punti dai rivali democristiani. Probabilmente ha pesato in maniera decisiva la scelta, come candidato alla cancelleria, di Peer Steinbrück, che ha il carisma di un Bersani. Peraltro colpisce un dato: nonostante il risultato strepitoso della Merkel, qualora la Spd si fosse alleata con i Verdi (Grüne) e la Sinistra (Linke), Steinbrück sarebbe oggi cancelliere in un governo a maggioranza assoluta.

Una coalizione rosso-rosso-verde (Spd-Verdi-Linke), infatti, avrebbe avuto la concreta possibilità di sconfiggere la trionfante Merkel proprio perché gli alleati storici della Cdu sono rimasti fuori dal Parlamento. I liberali in effetti (Fdp), con il loro magro 4,8%, non hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 5% che avrebbe loro permesso di sedere al Bundestag. Un’esclusione epocale, la prima dalla nascita della Repubblica Federale, causata dalla clamorosa perdita di quasi 10 punti percentuali rispetto al 2009.

Fuori di poco anche il neonato partito degli euroscettici, Alternative für Deutschland (Afd), che ha raccolto il 4,7% dei consensi. Un risultato non del tutto negativo, contando che era la prima volta che si presentava alle elezioni, ma che certifica in maniera inequivocabile come la polemica anti-europeista non abbia attecchito più di tanto tra l’elettorato teutonico. Del resto il partito di Bernd Lucke, formato prevalentemente da delusi di Cdu e Fdp, e che ha catalizzato su di sé buona parte del voto di protesta, è una formazione ibrida ed eccentrica. Da un lato sostiene tematiche schiettamente populiste come l’uscita dall’euro, dall’altro rimane invece ancorato a concezioni economiche di stampo genuinamente liberista. Insomma, un partito liberal-conservatore che può ancora vantare ben poche credenziali per potersi presentare come una vera e propria «alternativa».

La batosta dei liberali, però, ha un’altra e decisiva conseguenza: non potendo più la Cdu formare un governo con gli alleati di sempre, alla Merkel non resta che cercare un compromesso, pur sempre da un’indiscussa posizione di forza, con una delle altre tre formazioni entrate in Parlamento. Escluso ovviamente un accordo con la Linke, anche un governo con i Verdi appare assai improbabile. Il partito di Claudia Roth e Cem Özdemir infatti, che ha già perso terreno rispetto al 2009, ora non può proprio permettersi di scontentare ulteriormente il proprio elettorato con un inciucio con i democristiani. Più concreta appare quindi una riedizione della Große Koalition con la Spd: torna quindi la bürgerliche Mitte, il centro borghese e moderato.

Si tratterà di un governo a forte carattere europeista che continuerà, nei fatti, la politica egemonica tedesca all’interno dell’Unione Europea: cosa di cui noi italiani dovremmo ben preoccuparci. Tale strategia, peraltro, avrà come scontato esito l’innalzamento delle tasse, d’altronde inevitabile se si vuole salvare la Grecia. E, ora, la Merkel non può proprio tirarsi indietro dalla Eurorettung (salvataggio dell’euro). Questo vorrà dire anche sensibili limitazioni allo Stato sociale, in un momento in cui, tra l’altro, la crisi economica comincia a farsi sentire anche nella ricca Germania. Per il resto, invece, continuerà quasi sicuramente il martellamento ideologico sulla società multirazziale, malgrado siano stati già espressi da più parti malumori e scetticismo sulla fattibilità dell’integrazione delle popolazioni allogene, soprattutto extra-europee. Insomma, le trattative per la formazione del nuovo governo sono ancora in pieno svolgimento ma, molto probabilmente, i giochi sono già fatti.

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