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Shutdown: l’America chiude bottega

by La Redazione
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Immaginate uno Stato che, almeno temporaneamente, è costretto a chiudere bottega e mandare in congedo non retribuito oltre 1 milione di dipendenti. Che di notte invia istruzioni alle agenzie federali e ai ministeri di dare il via ai piani di emergenza per mantenere operative le attività essenziali con uno staff ridotto ai minimi. Che chiude gli uffici governativi per mancanza di fondi. Che brucia, a causa di tutto ciò, miliardi di dollari al giorno in danni economici – 55 miliardi se tutto ciò durerà tre o quattro settimane, secondo le stime di Moody’s.

Tutto questo accade negli Stati Uniti d’America, non in Grecia. Beninteso, la baracca non sta per crollare. Tecnicamente si tratta di uno shutdown, non di un vero default, e tutto deriva del mancato accordo in Congresso tra democratici e repubblicani sul rifinanziamento della spesa pubblica, in assenza del quale non resta che congelare tutto. C’è un precedente storico simile, risalente al 1996, quando sotto Clinton per tre settimane rimasero chiusi i parchi nazionali, fu sospesa l’erogazione di visti e passaporti e furono interrotte persino alcune attività dei tribunali federali. Gli altri casi simili furono di brevissima durata. Dal 1979 gli shutdown sono stati 17.

All’origine della crisi c’è l’Obamacare, la riforma sanitaria voluta dal presidente per ammorbidire lo spietato sistema sanitario statunitense e, di fatto, l’unico risultato reale ottenuto nella mediocre presidenza dell’ex senatore dell’Illinois. La Camera a maggioranza repubblicana, tuttavia, ha bloccato la riforma, e Obama ha annunciato che se la risoluzione verrà confermata lui porrà il veto. Il risultato sarebbe però il blocco dei finanziamenti per il governo federale. Da qui lo stallo, più politico che finanziario.

Restano comunque due nodi politici che emergono dalla vicenda: il primo riguarda l’ennesima conferma dell’incapacità della politica odierna di farsi carico della complessità delle sfide economiche della contemporaneità. La seconda riguarda la nuova figuraccia di Obama, anche se stavolta forse hanno più responsabilità i repubblicani che non i democratici. Il presidente nero, tuttavia, aveva basato tutta la sua popolarità su una sorta di tocco magico, sul suo essere cool, fra bicchieri di vino e qualche tiro a canestro. La realtà si è rivelata ben più dura e neanche i media compiacenti possono mascherare i numerosi vicoli ciechi in cui l’America, sempre di più, sembra essersi andata a cacciare.

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