Bruxelles, 14 ott – Parola di Jens Weidmann, gran capo della Bundesbank: “Francia e Italia sono in ritardo sulle riforme, diventano sempre di più i ‘bambini problematici’ dell’Eurozona. Non basta sanare le banche, vanno corretti i punti deboli dello sviluppo. I paesi in crisi come Irlanda e Spagna hanno ridotto il deficit e i costi complessivi del lavoro, tranne l’Italia”. Al prezzo che tutti stiamo vedendo, elevata disoccupazione e nuova povertà dilagante.
Che bravi i tedeschi, loro si che hanno le soluzioni. Non basta aiutare le banche, questo è chiaro, ma sentirlo da chi in Europa ha messo più di ogni altro mano al portafoglio per salvare i propri istituti dal bail-out finanziario stile Lehman Brothers fa quantomeno sorridere. Perché le banche tedesche nel 2011-2012 erano gambe all’aria, prima tra tutte la Deutsche Bank, e le innumerevoli Sparkasse lottizzate dalla politica locale, esposte per oltre il 40% insieme alle banche francesi in titoli derivati dei PIGS (all’epoca una sola I), e solo un robusto intervento del Fondo Salva-Stati (o Salva-Banche) le salvò dal tracollo. Il fatto che l’allora Ministro Tremonti si mise di traverso (le banche italiane erano esposte solo del 5%, ma ci richiedevano di intervenire col 18%, una rapina in piena regola), e che il Governo allora in carica ne pagò le conseguenze ormai è chiaro anche ai più restii a comprendere.
Un’analisi spietatamente lucida quella di Fischer, che riflette lo stato dell’Unione attuale, una non-potenza guidata da un primario malato che non sa ancora di esserlo, che fa diagnosi anche a chi sta meglio di lui. Parafrasando Fischer, l’Europa guarda come la Germania, indietro, restando dov’è, e portandoci lentamente alla rovina.
Gaetano Saraniti
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