Gerusalemme, 8 dic – A Gerusalemme è il Giorno della Rabbia. Nella stessa data in cui 30 anni fa iniziò la prima Intifada si sta preparando il terreno alla ripresa degli scontri, per liberare la città, come ha invocato ieri il leader di Hamas Ismayl Hanyeh. Israele non ha limitato gli accessi alla Spianata delle Moschee, nonostante sia venerdì e i presupposti perché la miccia torni a infuocarsi siano concreti. Solo un estenuante controllo di sicurezza per chi vi accede.
Gli scontri sono cominciati già ieri, con i giovani palestinesi che si sono ribellati prima di tutto contro il presidente Abu Mazen, giudicato privo di leadership e accusato di aver venduto il processo di pace e il proprio popolo. I palestinesi hanno scioperato, tutto era chiuso: scuole e uffici, così come negozi e servizi vari. E quando viene indetto uno sciopero tra i palestinesi è cosa seria. Sono cominciate così le battaglie più dure. Uffici vuoti e piazze piene. Tra Gaza e la Cisgiordania è stato un susseguirsi di botte tra manifestanti ed esercito, lanci di pietre, spari di proiettili di gomma, proiettili veri, lacrimogeni. Più di un centinaio i feriti, anche se il bilancio più pesante ce lo si aspetta a preghiera del venerdì ultimata.
E così oggi la polizia israeliana è stata schierata in modo massiccio nella Città Vecchia di Gerusalemme, soprattutto attorno alle porte di Damasco, dei Fiori e di Santo Stefano più vicine agli accessi alla Spianata. Anche l‘esercito ha rinforzato la sua presenza in tutti i territori occupati della Cisgiordania.
A sostegno della nuova Intifada palestinese e di Hamas si è schierato anche il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, che ha indetto una manifestazione per lunedì a Beirut: “Appoggiamo questa chiamata a una nuova Intifada palestinese. La sollevazione e il salto di qualità nella lotta di resistenza – specie se pensiamo a come si vedono gli stessi i palestinesi dentro la Palestina – è la più grande, la più importante e la più seria risposta possibile alla decisione degli Stati Uniti”. Per la prima volta i leader arabi sono stati invitati da Hamas a mettere da parte le rivalità e a unirsi alla lotta per la liberazione della Palestina. Fino a oggi, infatti, mai i Paesi arabi hanno dato sostegno concreto alla causa palestinese affinchè venisse creato uno stato di Palestina.
Ieri oltre alle manifestazioni in Cisgiordania si sono svolte proteste contro la decisione del presidente americano Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele anche in Egitto, Turchia e Giordania. Oggi riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e domani vertice dei leader della Lega Araba.
Anna Pedri
2 comments
…quando ci hanno provato, le presero di brutto da Israele…Purtroppo, per loro, non hanno grandi capacità militari, sopratutto in termini di comando; lo dimostra anche la guerra in Siria..Se non ci fosse stato il sostegno militare Russo, ora l’isis avrebbe completamente occupato il territorio..
Presto in Europa dimostrazioni di fratellanza molto simili.