Roma, 23 set – Il 26 settembre, a Roma, si terra il primo congresso internazionale della onlus Solidarité Identités, denominato “Mediterraneo Solidale”.
La lista dei conferenzieri è di altissimo livello e spazia dai vertici della chiesa cristiana di Siria agli ambasciatori di paesi quali l’Iraq, la Mauritania e il Sudan, senza dimenticare il contributo culturale offerto dall’ufficio cultura dell’ambasciata iraniana.
Il summit sarà un vero unicum nel suo genere e segnerà una pietra di paragone per ogni futuro incontro interreligioso. Nei giorni scorsi, per dirla tutta, qualche polemica era stata lanciata in maniera scomposta da vari blog e ripresa en passant anche da Repubblica, che ha scomodato uno Zunino che alle sette di sera ha firmato un marchettone fumoso e svogliato tra l’allarmista e l’onirico.
Pietra dello scandalo sarebbe la presenza di una delegazione del partito libanese Hezbollah, che a Roma farà intervenire due dei suoi massimi rappresentanti. I membri appartengono, per tranquillizzare i più ansiosi, all’organizzazione politica del Partito di Dio e uno di loro occupa addirittura un seggio al parlamento libanese.
La cosa che invece spiazza è che la delegazione sarà guidata, data la carica che ricopre, da una donna: Madame Rima Fakhri. Sì, una donna, una donna Hezbollah, una donna che è riuscita con anni di militanza a raggiungere l’ambito ed esclusivo posto nell’ufficio politico del movimento, la cosiddetta Shura.
Questo dettaglio non traspare dal vociare schiumoso dei pettegoli della censura perché stonerebbe dall’immagine oscura e oscurantista, aggressiva e truce che si vuole affibbiare alla Resistenza (questa sì…) libanese.
Incontro questa signora in hijab, velo che copre i capelli ma lascia totalmente scoperto il viso, in un ristorante di Beirut dove siede in compagnia del segretario e di altri politici. Ci salutiamo col la mano sul petto e chinando il capo e la mano bianca che spunta dai morbidi veli mi fa cenno di accomodarmi.
I pranzi in Libano come anche in Siria vanno presi sul serio, sopratutto se sono incontri tra sconosciuti e ancor di più se da un lato del tavolo, il loro, siedono personalità di un certo livello. I camerieri riempiono la tavola di ciotoline di hommos e insalata di noci, versano il té e soffiano nei bracieri dei narghilè. I saluti sono quelli di rito ma il benvenuto è sincero e l’iniziale rigidità si scioglie a poco a poco.
Si parla di politica, si parla di storia, ci si confronta sulle rispettive visioni del mondo e ci stupiamo di quanto alcuni passaggi della nostra storia recente siano stati vissuti in maniera differente di qua e di la del Mediterraneo. I libanesi del Partito di Dio mi fanno domande sopratutto sull’Europa, su questa vecchia, lontana Europa che non riescono proprio a capire, un’Europa che ha sanzionato Russia e Siria favorendo il lavoro dei terroristi dell’Isis e che spesso ha mostrato chiusura e durezza nei confronti della Resistenza libanese e palestinese per poi non batter ciglio difronte a scempiaggini medievali compiute in Paesi considerati affidabili partner come l’Arabia saudita, i cui fondi sovrani fanno da ciambella di salvataggio a molte banche nostrane.
La Signora ascolta e prende nota, riempie un taccuino fitto di ghirigori arabi, annuisce col capo se la discussione incontra il suo favore e sorride garbatamente sopportando la mia curiosità. Ad un certo punto, in un buco tra le chiacchiere e il fumo del caffè con un cenno della mano cattura l’attenzione della tavola e la mia e ci dice: “Verremo a Roma e proveremo a svegliare questa Europa”.
Lo dice con la serenità di chi vive per la causa e con l’autorevolezza di chi alle parole ha sempre fatto seguire le azioni. Politiche, si capisce. Il segretario le fa un cenno e mostra l’ora, la Signora si alza china il capo per salutarci, poi torna al suo lavoro, un lavoro incessante, un lavoro che è una vita, una vita fatta di sacrifici e di forza, quella forza magica che sanno sprigionare le grandi donne in questo nostro mondo di piccoli uomini.
Alberto Palladino
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