Home » Il terzo terrorista di Londra era stato fermato a Bologna e la madre è italiana

Il terzo terrorista di Londra era stato fermato a Bologna e la madre è italiana

by La Redazione
5 comments

Londra, 6 giu – Fino a poche ore fa si conoscevano solo i volti e nomi di due dei terroristi di Londra, quelli che sabato notte hanno ucciso sette persone e seminato il panico a London Bridge. Uno era di origini pachistane e l’altro libico-marocchine ed entrambi vivevano nel quartiere di Barking, alla periferia est della città. Il terzo attentatore, di cui ancora non si aveva certezza sull’identità, si chiamerebbe, Youssef Zaghba. Nato a Fez in Marocco 22 anni fa, da padre marocchino e madre italiana, era stato fermato all’aeroporto di Bologna nel marzo 2016 mentre cercava di prendere un volo per la Turchia e poi raggiungere la Siria. Gli 007 italiani avevano segnalato la sua presenza e i suoi frequenti spostamenti sia alle autorità marocchine, ma soprattutto a quelle britanniche. Quella sull’identità del terzo attentatore è un’indiscrezione del Corriere della Sera, visto che le autorità britanniche non hanno ancora diffuso il nome. In ogni caso se venisse confermata l’identità riportata dalla stampa italiana la posizione dell’intelligence britannica si aggraverebbe, visto che già infuriano le polemiche per il fatto che i primi due terroristi erano noti alle autorità, ora anche il terzo sarebbe dunque stato segnalato dai servizi segreti italiani.

Come riporta il Corriere i genitori di Zaghba sono seperati e la madre è rientrata in Italia per stabilirsi in provincia di Bologna dopo aver vissuto per un periodo in Marocco. Il figlio è venuto più volte a trovarla e nel marzo 2016, dopo il fermo, è stato denunciato per terrorismo internazionale. Da quell’accusa è stato poi scagionato ma l’Italia l’aveva comunque inserito nelle liste delle persone a rischio. Adesso aveva ottenuto un lavoro stagionale a Londra in un ristorante, continuando ad avere contatti con la madre in Italia. Il pachistano Khuram Shazad Butt, 27 anni, sposato e con figli, autista di autobus pubblici a Londra e cuoco in un fast food, era considerato il capo della cellula terroristica che ha ideato e messo a segno l’attentato. Era arrivato in Europa con i genitori, richiedenti asilo. Poi la radicalizzazione, nel 2013, dopo la morte del padre, mediante il predicatore d’odio Ahmad Musa Jibri, che posta video su YouTube dagli Usa con istruzioni per la jihad.

In un documentario di Channel 4 del 2016 sull’integralismo islamico Butt era colui che a Regent’s Park srotolava una bandiera dlel’Isis. Come tutti i terroristi che hanno compiuto attentati nell’ultimo periodo in Europa, era un personaggio noto all’intelligence, che tuttavia non si era mai accorta che stesse progettando un attentato. Nonostante in passato fosse stato allontanato da molte moschee perché ritenuto estremista e il suo pensiero fosse chiaro: a morte, per lapidazione, gay, adulteri e venditori d’alcol. Nonostante, inoltre, dal 2015 figurasse in una lista di 500 sospettati dall’Mi5, l’intelligence di Sua Maestà, non era considerato pericoloso. Prima di andare a sgozzare passanti sul ponte a Londra, aveva organizzato un barbecue con i vicini di casa. Tifosissimo dell’Arsenal, come Bin Laden, indossava la maglia della sua squadra del cuore al momento dell’attentato.

Rachid Redouane, 30 anni, professione pasticcere, era sposato con una donna scozzese. Pare si facesse chiamare anche Rachid Elkhdar e dichiarasse sei anni in meno di quelli che realmente aveva. Su di lui si sa poco altro, dal momento che, a differenza del compare, non era personaggio noto alla polizia e all’intelligence. Aveva vissuto in Irlanda, dove si era sposato nel 2012 e dove ancora oggi c’è la sua residenza ufficiale, e da poco si era separato dalla moglie perché in disaccordo su come educare la figlia di 18 mesi. Intanto nella mattinata la polizia ha cominciato a perquisire Ilford, un quartiere vicino alle abitazioni di due dei jihadisti, dopo che nel furgone usato per l’attentato sono state ritrovate almeno una ventina di bombe molotov.

You may also like

5 comments

nemesi 6 Giugno 2017 - 12:55

vogliamo prenderci in giro ?

davvero una pensa di contenere chi è disposto a morire come suicida facendosi esplodere, con i mezzi convenzionali della “INTELLIGENS” ?

qui lo dico ed immediatamente lo nego,l’unica maniera di stoppare definitivamente questi signori sarabbe quella di organizzare delle squadre di “black ops” civili su ispirazione di quelle SOG della CIA operanti fuori dai confini statunitensi.

pensare ovviamente a “black operation teams” in un Paese ove un Presidente della Camera (credo si chiami Boldrin o una cosa del genere) non applaude nemmeno ai Parà in parata è ovviamente quanto sideralmente impossibile.

sia ben chiaro, l’unica alternativa residua però…sarà quella di comprare un conta-persone da buttafuori per l’aggiornamento delle prossime vittime sulle nostre strade d’Europa.

Reply
Sofia 6 Giugno 2017 - 2:12

…posso sapere cosa sono i black operation teams? grazie.

Reply
Sofia 6 Giugno 2017 - 2:14

…posso chiedere al commentatore “nemesi” (o a chi voglia o sappia rispondere) cosa sono le black operation teams? grazie.

Reply
nemesi 6 Giugno 2017 - 4:00

grazie Sofia;
allego una descrizione da wikipedia abbastanza attendibile:

“Negli Stati Uniti esiste la Special Activities Division (SAD), una divisione del National Clandestine Service (CIA) preposta alle covert operations e alle black operations[6] oltre che ad altre “attività speciali” che comprendono azioni politiche occulte e operazioni speciali[7] paramilitari.[8] Nella SAD coesistono due distinti gruppi, uno per le operazioni paramilitari ed un altro per quelle politiche.[9] Pertanto, il Political Action Group si occupa delle azioni clandestine collegate all’influenza politica, guerra psicologica e guerra economica.[10] Analogamente, lo Special Operations Group (SOG) è incaricato delle operazioni paramilitari. Esse annoverano la raccolta di intelligence in paesi e zone ostili, e tutte le operazioni militari o di intelligence, concernenti gravi minacce alla sicurezza nazionale, con cui il governo degli Stati Uniti non desidera essere palesemente associato”

diciamo che il termine “black operations” al di là del romanzato fascino è comprensivo di tante altre operazioni laddove la sicurezza nazionale è in gioco ed il range di azione e di ingaggio talmente libero da renderlo ufficialmente non ricollegabile al Paese di pertinenza (nell’esempio iil SOG della CIA e gli USA)

cordiali saluti .

Reply
Antonio 6 Giugno 2017 - 7:43

Sofia*, si riferisce a questi simpaticoni https://it.wikipedia.org/wiki/Black_operation

Reply

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati