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Una continua razzia: come pochi privilegiati (ci) comprano la terra

by Valerio Savioli
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Roma, 6 mag – “Compra la terra, perché di quella non ne fanno più!”,sosteneva a suo tempo un vecchio saggio. Parole che devono essere ben chiare tra l’altissima classe sociale americana, coloro che potremmo chiamare happy fews, i pochi privilegiati, le famigerate (e spesso strumentalizzate) élite che ora intravedono negli investimenti terrieri anche la possibilità di combattere l’inflazione. Secondo quanto riportato da Bloomberg, comprare un lotto di terra nell’America rurale non è mai stato così costoso.

Miraggi

Il miraggio di possedere la terra pare essere aumentato dopo il biennio pandemico, momento storico che sembra essere coinciso con la decrescita della popolazione metropolitana a favore di quella rurale, a dimostrazione del fatto che l’americano continua a “votare coi piedi”. Anche il conflitto deflagrato in Ucraina sembra aver sortito i suoi effetti sui prezzi della terra; la carenza di mais, grano e olio di girasole sta facendo fare affari d’oro ai coltivatori a stelle e strisce: “I prezzi più alti hanno aumentato i profitti degli agricoltori a quasi 161 miliardi di dollari quest’anno, un aumento del 14% rispetto al 2021, secondo le stime del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti.”

La terra sarà di pochissimi privilegiati

Ma torniamo agli happy fews, alla casta dello “zero virgola”, già messasi in moto dopo la crisi dei mutui subprime e tuttora attivissima nel rastrellare la terra, l’asset economico-finanziario del nuovo millennio. La frizione del mercato immobiliare americano è, infatti, un problema per la residuale classe media (non solo in Usa), l’ultimo colpo l’ha messo a segno l’industriale miliardario e proprietario della Danaher Corp. Steven Rales, comprando Diamond G. Ranch”, una proprietà di duemila ettari, ossia venti chilometri quadrati nella parte nordoccidentale del Wyoming a pochi chilometri dal celebre parco nazionale Yellowstone, per una cifra intorno ai settanta milioni di dollari. Fermarsi alla cifra, peraltro nemmeno da capogiro, fa perdere il punto del discorso, questo è infatti quel tipo di proprietà cercato avidamente dalla nuove élite soprattutto per il suo contenuto: “[La proprietà] detiene 5 miglia del fiume Dunoir con accesso immediato a 2,5 miglia in più su terra pubblica a cui raramente accede il pubblico. Il Dunoir rappresenta una pesca di trote di livello mondiale […]. Fauna selvatica – Orsi, alci, alci, antilopi, leoni di montagna, coyote, ghiottoni, molteplici specie di uccelli e sia pecore bighorn che capre di montagna sono spesso avvistati nell’adiacente foresta nazionale. È uno dei luoghi più ricchi e selvaggi per la fauna selvatica che abbiamo mai visto”. Queste le parole della società immobiliare Hall and Hall che ha mediato l’affare alla fine dell’anno scorso. 

Interessante notare che a vendere il terreno a Rales sia stato Stephen Gordon, un ex manager di alto livello statunitense che comprò la proprietà negli anni Ottanta dalla famiglia Disney. Sia chiaro, l’acquisto di Rales, in termini quantitativi, è nulla rispetto alla razzia di Bill Gates, della quale abbiamo scritto recentemente, o di quelle di Jeff Bezos e Warren Buffet. Quello che conta non è solo l’entità dell’investimento ma la cartina di tornasole di un nuovo tipo di società in cui la brutale sperequazione comprenderà ora anche la disponibilità (qualitativa e quantitativa), nelle mani di pochissimi, di tutta la terra che potranno accaparrarsi.

Torna nuovamente alla mente la frase del vecchio saggio: “Compra la terra, perché di quella non ne fanno più”. Vale anche per i sogni di libertà, sempre più appannaggio degli happy fews.

Valerio Savioli

 

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2 comments

Benoit 7 Maggio 2023 - 5:16

Anche in Italia la situazione è simile solo che invece dei lobbisti qui ci sono aziende finto contadine che monopolizzano il territorio in nome della loro concezione di tutela ambientale. La metodologia colonica è morta e sepolta.

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fabio crociato 8 Maggio 2023 - 10:47

Si autorizzi e si rinforzi la forestale per aver voce in capitolo onde poter anche sostenere e proteggere la gestione costruttiva del ns. territorio (in armonia con la migliore tradizione agraria), espellendo i macro-parassiti. (La foresta è anche quel territorio dove la foresta non c’è più).

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