Roma, 1 feb – Grandi purghe, eccidi, milioni di persone rinchiuse nei Gulag, l’Holodomor in Ucraina, la carestia kazaka del 1932-1933, terrore e fame imposti al proprio popolo. Eppure, in Russia, nel 2023 qualcuno ha avuto il coraggio di inaugurare un monumento a Iosif Stalin. Si tratta per l’esattezza di un busto, collocato al museo di Volgograd, già Stalingrado, dedicato proprio alla celebre battaglia della Seconda guerra mondiale.
Il monumento a Stalin inaugurato a Volgograd
L’opera, se così vogliamo chiamarla, pare sia stata collocata accanto a quelle dedicate a Georghy Zhukov e Alexander Vasilevsky, entrambi generale dell’esercito tedesco durante la guerra contro la Germania. Zhukov, peraltro, dopo il secondo conflitto mondiale divenne nemico di Stalin, ma tant’è, non c’è limite al nostalgismo più ottuso. I tre busti sono opera dello scultore Sergei Scherbakov e alla cerimonia di inaugurazione erano presenti gli esponenti del governo locale.
Ma come mai proprio adesso è stato dedicato un busto a Stalin? Per due sostanziali motivi propagandistici. Il primo: domani, 2 febbraio 2023, ricorre l’80esimo anniversario della vittoria delle forze russe a Stalingrado. Il secondo (in qualche modo collegato al primo): il Cremlino ha iniziato una campagna, diretta in particolare ai deputati di Russia Unita (il partito di Vladimir Putin) alla Duma, per pubblicare post social in cui si paragona la guerra in Ucraina alla battaglia di Stalingrando. Intanto, in vista dell’arrivo di Putin a Volgograd per il menzionato anniverario, pare che all’ingresso della città il nome sia stato sostituito per l’occasione proprio con il vecchio toponimo “Stalingrado”.
Alessandro Della Guglia
8 comments
Vista la musica proposta anche ultimamente, chissá se ne hanno ordinate varie copie alla cgil
Mi offro volentieri per spaccare le statue di quel porco
Stalin era un patriota, ha fatto della Russia una potenza industriale, ha schiacciato i capitalisti e distrutto i privilegi dei nobili, ha difeso la rivoluzione socialista e ne ha fatto rivoluzione patriottica.
Non è una grande schifezza, è un grande onore! Viva la Russia, viva la Rivoluzione!
Ha ammazzato più comunisti lui di chiunque altro, figura quantomeno contraddittoria e camaleontica. Accentratore paranoico come nessun altro, non a caso georgiano. Utile senza dubbio non come nemico e baffetto non lo ha capito pagando caro, molto caro.
Caro Crociato, caro amico, caro collega, caro ndimonio, questo dimostra che il tuo amicone Vladi ha ben precisi maitres a penser in testa.
Ci sono però busti altrettanto inquietanti qui da noi, celebrati in musica-ccia, come quella degli Offlaga. Tu che dici, lo saprà l’esperto musicale Primula Nera o glielo devo insegnare io?
https://www.youtube.com/watch?v=bq-5P6dZL74
A me pare che Putin sia stato cacciato indietro ed obbligatoriamente richiami ora anche le vecchie sponde per far quadrato. La colpa non è certo solo sua, quanto dei post-comunisti occidentali che oggi si chiamano sostanzialmente social democratici (liberali a chiacchiere). Evidentemente gradiscono di più la loro originaria bandiera rossa massificante che l’ impero tri-tradizionalista.
Circa la questione musica, ho già scritto che dovremmo essere più attenti e studiosi delle frequenze sonore (ampiamente e normalmente prevalenti sul “cantato”), basti pensare al bum-bum guerriero negroide, all’ arpa ispiratrice, al Bruce Springsteen con il quale si viaggiava bene oltre i 200 Km/h, alla balera forchetta e f..a, al Cardinale Martini che si curava con Mozart, alla sacralità che i canti gregoriani favoriscono, alle botte che ci dava fuori dalle discoteche, alla musica pro tossicità, e… volendo potrei continuare di parecchio.
Segnalo che anche l’ aspetto visivo dei musicanti incide (non a caso con l’ avvento della TV “mostrante”, certa musica leggera (!) ti pareva ancor più “leggera e di m.”), ma la prevalenza è il suono strumentale al punto che il successo beat è esploso pure in Italia dove la stragrande maggioranza non capiva neppure il testo inglese. Laddove, raramente, prevale realmente la voce (anch’essa frequenza!), significante e significativa, è arte davanti alla quale si resta più a bocca aperta che altro…
Ci sono oggi studi e ricerche molto avanzate ed interessanti in tal senso.
Quando la musica è politica, a mio avviso non si può criticare chi cerca a destra e a manca (magari unendoli per quello che è possibile), una via di uscita a quel buco nero centralista e soffocante nel quale siamo finiti. Tutti dovremmo mettere a dispiegare e porre a posto i cocci…
Permettimi però di dire, o carissimo Crociato, che il beat in Italia è esploso inizialmente solo con testi rigorosamente in italiano: almeno il 90% delle canzoni beat degli anni 60 erano cover italiane di successi inglesi (spesso piratate dagli stessi gruppi, Equipe 84 per primi, che ascoltavano e registravano dalla mitica Radio Luxemburg). Io da bambino sentivo parlare dei Beatles, ma Obladì Obladà la ascoltavo in italiano dai Ribelli di Stratos (a proposito di uno che della voce ne farà poi strumento, rip!). Bisognerà aspettare gli anni 70 per passare all’ascolto in originale, pur senza capirne il testo. I miei primi 45 giri inglesi (comprati tutti e tre insieme, quel giorno ho rotto un tabù oltre ad un salvadanaio) sono stati: Imagine (Lennon), All The Time In The World (Armstrong) e la melensa My World dei Bee Gees, di cui oggi mi vergogno tanto.
Sucate malissimo.