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L'Austria chiude sette moschee e caccia gli imam. Le accuse della Turchia

by La Redazione
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Vienna, 8 giu – Il governo austriaco ha comunicato la chiusura di sette moschee e che presto espellerà alcuni imam. Come hanno spiegato il cancelliere Sebastian Kurz e il ministro degli Interni Herbert Kickl, i capi religiosi dell’associazione Atib (Unione turco-islamica per le collaborazione culturale e sociale in Austria) sono accusati di finanziamenti illeciti dall’estero e di violazione della legge austriaca sull’islam. Inoltre una quarantina di imam sempre dell’Atib rischia di perdere i loro permessi di soggiorno.
La chiusura riguarda quattro moschee a Vienna, due in Alta Austria e una in Carinzia. La decisione arriva con un decreto dell’ufficio della cancelleria competente per le questioni religiose e non è appellabile. Come ha ribadito il cancelliere Kurz, “in Austria non c’è spazio per società parallele e radicalizzazioni“. Il vice cancelliere Heinz-Christian Strache ha aggiunto che “non tolleriamo predicatori dell’odio che agiscono in nome della religione”.

Dello stesso avviso il ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini, che commenta su Twitter: “Credo nella libertà di culto, non nell’estremismo religioso. Chi usa la propria fede per mettere a rischio la sicurezza di un Paese va allontanato! Spero già la prossima settimana di incontrare collega ministro austriaco per confrontarci su linee d’azione“.
Dalla Turchia, infine, arriva un duro attacco alla decisione presa dal governo austriaco: la chiusura delle moschee e l’espulsione degli imam per Ankara sarebbe “il frutto dell’ondata anti-islamica, razzista, discriminatoria e populista” nel Paese. A dirlo Ibrahim Kalin, portavoce di Recep Tayyp Erdogan, in un tweet in cui accusa Vienna di voler “trarre vantaggi politici colpendo le comunità musulmane”.

In verità il provvedimento del governo austriaco è avallato dalla legge del 2015 che prevede l’impraticabilità da parte delle comunità religiose di ricevere fondi dall’estero. I media austriaci citano però anche un’inchiesta su alcune foto,  risalenti allo scorspo aprile, in cui si vedevano bambini vestiti da soldati ottomani che ricreavano la campagna di Gallipoli, una delle battaglie emblematiche dell’impero ottomano. Le scene erano state registrate all’interno di una delle principali moschee di Vienna, legata alla comunità turca. Le foto erano state pubblicate dal settimanale di centro-sinistra Falter e avevano avuto ampia eco nella politica austriaca: mostravano i ragazzini, in uniforme mimetiche che marciavano, sventolavano bandiere, poi si fingevano morti con il drappo turco sui corpi. La moschea in questione è gestita dall’Unione islamico-turca d’Austria, direttamente legata alla Direzione turca degli Affari religiosi (Diyanet). La stessa organizzazione turca all’epoca aveva preso le distanze dalla rievocazione storica. Tuttavia oggi il portavoce di Erdogan condanna ufficialmente il provvedimento (che arriva anche a seguito di questa vicenda a dir poco scomoda per Ankara).

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2 comments

paleolibertario 8 Giugno 2018 - 6:04

La libertà di culto non deve esserci, se per culto s’intende anche un credo che incita a convertire con la forza. Si tratterebbe di una contraddizione in termini, come dire: libertà di negare la libertà. Bene ha fatto l’Austria. Erdogan non dice nulla quando avviene il contrario? Cosa dice Erdogan degli islamici che bruciano le chiese cattoliche o i templi induisti?

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Raffo 8 Giugno 2018 - 8:48

Islam è dittatura e sottomissione, significa ripiombare nel più cupo tribalismo……. In austria nessuno tollera comportamenti che vanno contro il quieto vivere, non si tollerano discorsi come “puttane occidentali o miscredenti da uccidere con la lama affilata”………..in austria non si prega indegnamente nelle piazze e si deve rendere conto da dove giungano i denari per le moschee……… Per cui forza Austria, i rompicoglioni tornano a casa,turchia o magreb che sia……..con i terroristi islamici non si possono avere mezze misure……..spero che l’Italia segua a ruota.

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