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Libia, Salvini: “Fallito il blitz di Haftar”. Ma a Tripoli si continua a combattere

by Eugenio Palazzini
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Roma, 16 apr – Quello del generale Khalifa Haftar non è certo stato un successo immediato. Anzi, con tutta evidenza ha ragione Matteo Salvini che, pur con qualche giorno di ritardo sui fatti, ha dichiarato oggi che “il blitz è fallito”. Il ministro dell’Interno, a margine di un’iniziativa alla Camera, ha precisato che l’Italia sta “lavorando perché non ci sia guerra” e “speriamo che il peggio sia passato”. Difficile dire se il peggio sia sul serio passato, più facile comprendere come in realtà in Libia si continui a combattere.

A circa 15 chilometri a sudest di Tripoli, nel sobborgo di Ain Zara, sono in corso violenti scontri. Si tratta proprio dell’area in cui il leader della Cirenaica ha dato il via a una poderosa avanzata delle sue truppe verso la capitale. Stando a quanto riportato dai media libici, i Katiba, militari fedeli al governo di Fayez al-Sarraj, continuano a conquistare terreno e sono avanzati di 5 chilometri verso sud. Non sarebbero lontani quindi dal bastione di Haftar, Aziziya, che viene incalzato da ovest dai soldati di Zintan.

Le forze di Haftar tentano di respingere la controffensiva delle truppe di al-Sarraj con lanciatori Grad, che pur non precisissimi lanciano missili piuttosto devastanti e centrano spesso le abitazioni dei civili. Salvini ha detto che l’Italia sta lavorando affinché “si fermino i missili”, ma al momento la battaglia infuria anche in altre zone libiche. Come ad Al-Hira, a nord di Gharian, dove le forze armate del governo di Tripoli continuano ad avanzare e aerei militari decollati da Misurata hanno colpito pesantemente le truppe di Haftar.

Un bagno di sangue

Intanto, secondo i dati forniti dall’Organizzazione mondiale della Sanità, il bilancio delle vittime nella capitale è salito a 174 morti e 756 feriti. Un bagno di sangue che, a prescindere dall’iniziale blitz fallito, è destinato nelle prossime ore ad aumentare di volume. Perché non pare proprio che Haftar intenda fermarsi prima di essere sconfitto definitivamente sul campo.

Per l’Italia tutto questo significa, come più volte precisato su questo giornale, subire contraccolpi nel campo energetico. Con il rischio poi di vedere aumentati i flussi di clandestini verso le nostre coste. Non a caso il primo ministro Conte stamani si è detto preoccupato per il “rischio dell’arrivo di foreign fighters sul nostro territorio”. E il vicepremier Salvini ha puntualizzato che “abbandonare la strategia vincente dei porti chiusi metterebbe a rischio la sicurezza degli italiani”.

Eugenio Palazzini

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1 commento

Sauro 17 Aprile 2019 - 7:23

A nessuno torna in mente come è iniziata in Syria? …presunta rivolta per i diritti umani, intervento internazionale con francesi, inglesi ed americani a bombardare sotto la copertura dell ONU, 10 anni di guerra non voluta dai siriani, un paese distrutto nel nome della democrazia imposta. Questo stesso scenario ce lo troviamo a due passi da casa, nella totale indifferenza della nostra politica che pensa di risolvere il.problema con i meeting.

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