Tripoli, 19 mag – Una colonna di carri armati ha raggiunto, nella giornata di ieri, il centro di Tripoli dirigendosi verso il Parlamento della capitale libica. L’ingresso in città dei mezzi blindati ha innescato una serie di duri scontri a fuoco; secondo fonti locali ci sarebbero circa 80 morti e oltre 140 feriti. La sortita militare ha i connotati di un golpe in piena regola, teso a ribaltare il premier Ahmed Miitig, insediato da circa due settimane e ancora impegnato nelle consultazioni per la scelta del nuovo esecutivo. Corrispondenti di agenzie internazionali riportano notizie circa il rapimento di alcuni deputati vicini alle milizie islamiche, e riferiscono di un’altra offensiva militare, in atto nella città di Bengasi.
A capo di queste operazioni compare l’ex generale Khalifa Haftar, uomo dal passato burrascoso: addestrato nell’ex Urss sotto l’Armata Rossa, destituito e accusato di tradimento dopo la sconfitta nella guerra tra Libia e Ciad (1978-87), rifugiato negli Stati Uniti dove, secondo alcune fonti, sarebbe stato assoldato dalla Cia. Haftar ha dichiarato di non voler conquistare il potere con un colpo di stato, quanto piuttosto “aiutare il popolo libico a ristabilire l’ordine, eliminando le milizie islamiche che hanno buttato la nazione nel caos”.
Sarà necessario attendere l’evolversi della situazione e valutare le prossime mosse di Haftar, per comprendere al meglio le sue reali intenzioni e capire quale fronte politico sostiene realmente l’azione dell’ex generale. Nelle prime ore a seguito degli scontri si è esposto solo il generale Mokhtar Farnana, leader delle milizie ribelli che combatterono Gheddafi nella parte occidentale del Paese. Una presa di posizione, quella di Farnana, che porterebbe a confermare la presenza di una “regia” a stelle e strisce dietro questo repentino inasprimento della crisi politica e militare.
Francesco Pezzuto
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